LA MERIDIANA DELLE FRAGOLE di Benedetta Tarducci

Per tutto il giorno fui talmente presa dalla gestione dei rumorosi consanguinei giunti per il matrimonio, che non ebbi il tempo di ripensare alle stranezze della sera prima. Solo a fine giornata provai a raccogliere le idee e decisi di chiamare la mia nuova amica, senza nome anche sulla rubrica del cellulare. Nessun segnale. Meglio così. Meglio rimandare il tutto. Era tardi, ero stanca, talmente stanca che riuscii a stento a seguire Italia-Brasile. Dopo le quattro reti subite dai verde-oro, mi addormentai senza neppure ascoltare i commenti in Tv. Mi aspettava una domenica piuttosto impegnativa. Che non tardò ad arrivare.

Per fortuna la cerimonia passò liscia ed anche i festeggiamenti che seguirono. Avevo cercato di comportarmi impeccabilmente per tutta la giornata, da brava testimone dello sposo, ma sentivo l’inquietudine aumentare di ora in ora. Finché, verso sera, quando ormai numerosi invitati avevano già dato inizio al tradizionale girotondo dei saluti di commiato, approfittando di un momento di tranquillità mi decisi a chiamarla di nuovo.

Dentro la sala c’era ancora musica, così mi diressi verso il giardino dove ore prima era stato servito l’aperitivo. Non ero sola. Altri avevano avuto la mia stessa idea.

Seduta al fresco, finalmente godevo di un po’ di pace. Potevo distinguere il mormorìo del fiume che scorreva qualche metro più sotto, per nulla soffocato dalle voci sommesse delle persone, interrotto solamente da qualche risata. Chiusi gli occhi e respirai profondamente.

Aspettai almeno quindici squilli prima di chiudere. Le stavo giusto scrivendo un messaggio, del tipo “che fine hai fatto?”, quando ricevetti una telefonata. Sussultai inutilmente. Era solo Alessandro, l’altro testimone dello sposo, mio carissimo amico da sempre.

«Dimmi, Ale, cosa c’è?»

«Dove ti sei imbucata? È un’ora che ti cerco…»

«In giardino…»

«Ascoltami… stasera si va tutti alla casa al mare di Francesco a tifare Nigeria. Sei dei nostri?» Come al solito Ale non mollava mai.

«Sperate ancora in un ribaltone contro la Spagna?» Il mio aspro pessimismo denigrò immediatamente le sue illusioni di vittoria.


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Non gli rimase che assecondarmi e limitarsi a commentare: «In un miracolo più che altro!»

«Tanto ormai in semifinale ci toccano le furie rosse!… Di nuovo!» Rincarai la dose.

«Mai dire mai…» tagliò corto. «Comunque tra un po’ partiamo… prendo io la macchina!»

«Ma è ancora presto…»

«No, se vogliamo passare prima in spiaggia. Aperitivo al moletto e… ci godiamo in tranquillità la Super Luna Rosa.»

«La Super… cosa?»

«La Luna! Stasera ci sarà la Super Luna Rosa.»

«Non ti seguo!»

«Vergogna! Da una come te, che va a vedere solstizi e congiunzioni varie non me lo aspettavo davvero! È una settimana che ne parla anche la Tv! Praticamente la Luna sembrerà più grande e più luminosa! Ho anche letto un articolo poco fa. Se vuoi vado a prendertelo!»

Mi raggiunse poco dopo in giardino. Aveva in mano il giornale trovato al bar accanto, dove si era rifugiato per sentire gli ultimi commenti sulla partita del giorno precedente. Gli Azzurri di Prandelli avevano la priorità su qualsiasi taglio di torta.

Allungai la mano. «Dammi qua.»

«Mi sembra si trovi nella sezione di attualità… in basso… c’è anche una foto.»

Lessi velocemente e con voce appena percettibile: «Dunque… Questa sera, domenica 23 giugno, è attesa la Super Luna Rosa. Sarà possibile assistere al perigeo lunare, il massimo avvicinamento della Luna alla Terra. Il nostro satellite apparirà fino al 15% più grande e il 30% più luminoso del solito: la Luna e la Terra saranno distanti solo 356.991 km, circa 25.000 km in meno rispetto al solito. Nel 2011 la Luna fu distante solo…»

«Se leggi più avanti c’è scritto che è veramente rosa…»

«Ma no, qua dice: Per capire il perché del nome “rosa” bisogna tornare all’epoca dei nativi americani, che diedero dei nomi alle Lune piene dell’anno. La Luna di giugno, per gli Indiani d’America era la Luna delle Fragole, Strawberry Moon. In Europa è diventata Luna Rosa per un errore di trascrizione dei coloni. La Luna di stasera non sarà rosa acceso o fucsia, ma potrebbe avere un leggero alone rosato, dovuto alla sua posizione rispetto all’atmosfera terrestre e alla calura estiva…»

Appoggiai il giornale sul tavolo attorno al quale si erano ormai accalcati in molti, incuriositi dalla mia lettura. Seguirono commenti di ogni tipo.

«Non porterà mica sfortuna?»

«Come no? La Maledizione della Luna Rosa… segno premonitore di terremoti, maremoti e catastrofi varie…»

«Uuuuuh…»

«Macché! Al massimo potrà influenzare un po’ di più le maree…»

«Guardate… è già sorta!»

Ci girammo tutti.

Nobile e dignitosa, si stagliava con garbo sul cobalto ceruleo che le faceva da sfondo e ne metteva in risalto le trame rosate. Gentile e inaccessibile, si concedeva a noi con discrezione, senza eccessi, protetta dai rami dell’albero che dominava il giardino. Un tiglio. Ancora un tiglio argentato. Riconobbi il segnale. Non c’era tempo da perdere.

«Allora, vieni?» Alessandro mi prese in contropiede.

«In effetti… sono molto stanca» farfugliai piano. «Non sarei di compagnia… la partita la guarderò da casa.»

«Mi prendi in giro?»

«No, è che… è stata una giornata faticosa! Credimi!… Forza, andate che si fa tardi.»

«Lo sai che ti pentirai, vero?»

«Ti ripeto che sono sfinita… prova tu a portare scarpe tacco dodici per un’intera giornata, poi ne riparliamo!» Stroncai di netto la conversazione. Il mio tono tagliente non lasciava scampo.

«Ok. Non insisto.»

Neanche il tempo di salutare gli sposi che, adrenalina a mille, ero già in macchina. Sentivo forte e chiaro il richiamo della Luna delle Fragole.

Arrivai in poco più di mezz’ora. Parcheggiai non troppo lontano e, prima di arrampicarmi per la salita che porta alla Facoltà di Economia, mi preoccupai di togliere gli imbarazzanti fiocchi bianchi che mi avevano obbligata a sistemare sugli specchietti retrovisori laterali. Mentre ero intenta a strappare i nastri, mi accorsi che sul sedile posteriore c’era qualcosa di lucente. Guardai meglio. Si trattava del bastoncino di tiglio che avevo raccolto venerdì sera.

Lo presi in mano. «Ma che scherzo è?»

Era completamente dipinto d’argento, la parte più spessa era stata avvolta con del nastro di raso celeste, quasi a volerne fare un’impugnatura e, accuratamente incastonate nel legno, spuntavano tre pietre azzurre: una aguzza inserita sulla punta, un’altra affusolata e sporgente, fissata circa a metà lunghezza, quasi fosse un mirino e la terza, più smussata e levigata, ben salda ai margini dell’impugnatura, a renderne più sicura la presa.

Sentii un impulso incontenibile. Lo sguainai in aria. In armonia con le mie frequenze personali, formavamo un tutt’uno energetico. Avvertii il richiamo farsi sempre più intenso.

Senza perdere altro tempo mi diressi, quasi correndo, scarpe in mano, verso il cortile della meridiana, passando ancora dal retro. Raggiunsi il punto in cui tutto aveva avuto inizio e, esattamente come la volta precedente, udii un forte ronzìo prima che i lampioni si spegnessero.

La Luna sovrastava l’intero scenario. La fissai a lungo, rapita dal suo rosa evanescente, un velo impalpabile sopra il chiarore che la faceva risplendere.

Non ricordo che ore fossero, le dieci, forse le undici. Ma era sicuramente l’ora giusta. L’ora in cui il nostro mite satellite, talmente vicino che pareva cadermi addosso, proiettava, esattamente come aveva fatto il Sole due giorni prima, la propria immagine nell’occhio della lemniscata.

Ai piedi della meridiana, cominciai a far roteare il mio rametto, pennello immaginario per tracciare disegni nell’aria, onde di forme differenti, cerchi, spirali… sentivo vibrazioni eteree, cascate e getti di energia che potevo convogliare e guidare. Alcune si univano completandosi a vicenda fino ad annichilirsi, altre respingevano invece tutte quelle con cui entravano in rotta di collisione. Ed io non mi limitavo ad interagire con esse, potevo perfino governarle, creare paesaggi energetici positivi od ingabbiare, in spirali destrorse, le negatività circostanti.

© Christine Kaminski | Vietata la riproduzione senza consenso scritto

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