L’Ultima Notte

Era in fondo alla stanza, in un angolo buio, con le spalle al muro. Non sapeva bene il perché, si fosse messa lì, così, o forse non lo voleva ammettere, non voleva ammettere a se stessa di avere nuovamente paura, di non essere più in grado di guardarsi alle spalle, di proteggersi…

Ma era dura, davvero dura venir fuori da quel drammatico momento, un drammatico stato d’animo che l’aveva privata di gran parte delle sue energie, delle sue risorte speranze, di stimoli per anche soltanto trascorrere una serata tra amici, un colpo duro che aveva rischiato di toglierle il sorriso, per sempre, che l’aveva realmente posta, seppur idealmente, con le spalle al muro. Un ennesimo colpo duro che non meritava, sperando che non fosse il colpo di grazia… che non le avesse strappato anche l’ultima cosa che le era rimasta, i sogni…

Squillò il telefono, non aveva voglia, proprio nessuna voglia di uscire. Le prospettive non erano un granché buone, per quella serata che si preannunciava ricolma di falsi sorrisi e frasi di circostanza, lei che aveva sempre odiato, fingere, lei che in quelle intime e dolorose, delicatissime condizioni, purtroppo assai folte nel durante della sua travagliata esistenza, preferiva di gran lunga starsene con se stessa, da sola, far defluire il dolore, darsi tempo per placare perforante quel suo tormento, attutire la delusione per aver creduto vitalmente, ciecamente in un qualcosa che non esisteva, che non era mai esistito.

Ma un impegno era un impegno, la parola data, la parola rispettata.

Balzò in piedi e si catapultò in camera, prese l’istinto, scostò il pensiero, velocemente si preparò e saltò sulla sua automobile, spedita, frenetica, senza più pensarci, prima di ripensarci.

love streetEppure, quella stessa auto imboccò una strada imprevista, di colpo aveva svoltato per il centro storico… “Così… giusto un po’, magari un drink” pensò, temporeggiante con se stessa, forse per procurarsi un alibi, il pretesto di essere stata intercettata e di non aver avuto modo di partecipare a quella serata. O forse perché governata, da una forza misteriosa…
Incontri strani, incontri inaspettati, per tutta la sera finché… ecco, lo vide.

Cercò di scostare lo sguardo, cercò un altro sguardo ma nulla… il suo incedere nel mentre che varcava la soglia, il suo magnetico portamento la sua luce, non poterono che catturarla, che imprigionarla.

Tra loro non era mai andata, una storia burrascosa, una passione sfrenata, incontrollata, un folle amore ingestibile, travolgente, un amore che per loro non era stato possibile, non poteva essere toccato, vissuto, era invivibile, intangibile, dai limiti oltrepassati… quanti confini erano stati valicati… troppi colori in quell’arcobaleno, alcuni dei quali fosforescenti addirittura psichedelici, allucinogeni… lui la amava la odiava, con lei aveva gettato fuori la sua energia primordiale la sua follia primordiale, il suo essere maschio, e uomo, un uomo completo che nella simultanea completezza degli estremi di cui era capace, aveva toccato il filo della pazzia, si era appeso a quel filo lui, aveva perso la testa, e bruciato la sua anima, tanto da spostarsi alle azioni più impensabili, più inverosimili.

Lui che per furente gelosia si era persino arrampicato a nude mani per introdursi nella torre in cui lei si era rifugiata, rasentando la persecuzione, la letale ossessione, aveva schiaffeggiato lei e se stesso, aveva perfino minacciato il suicidio, per lei… lei che era sempre stata legata, combattuta, non si era mai lasciata completamente andare con lui. Sensazioni strane, previsioni incomprensibili su di loro, a tratti terrificanti, sapeva che se si fosse troppo fusa, con lui, avrebbe rischiato la sua vita. Che un giorno prossimo o lontano, lui avrebbe potuto sottrargliela…

E lei che con lui piangeva così, da un momento all’altro, lui che la cullava, che le domandava ragione, ma non lo sapeva. Neanche lei sapeva il motivo di quegli sfoghi all’apparenza insensati, all’apparenza isterici, o probabilmente le cause, gli inneschi erano stati talmente incavati nella sua anima, celati e sepolti, con una miriade di granelli di sabbia bagnata dalle lacrime, cumuli di sabbia diventata cemento… che non aveva cognizione da dove essi fossero stati generati, e perché liberati proprio con lui, e con nessun altro… soltanto con lui aveva aperto quella porta, una vera porta blindata… di quella parte della sua anima dov’erano conservati tutti i mali della sua esistenza, ammucchiati, pressati e calpestati, un posto in cui era concentrato il dolore antico, le iniquità della sua vita, tutto il male che aveva nel tempo subìto.

«Come stai, principessa?» Una voce la fece sussultare, calda, inconfondibile, come risaltata in una potente eco, seppur gli schiamazzi del locale altisonanti, coprenti, ma la sua, lei l’aveva udita. L’aveva riconosciuta.


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«Bene, e tu?» Ecco, la solita frase di circostanza, la solita risposta… sembrava, ma non lo era. Aveva sentito correre voci su di lui, dopo la loro tragica separazione.

Lui era stato male, molto male, per averla persa, aver perso la sua principessa. Come un’anima in pena aveva vagato per il mondo, per dimenticarla, era fuggito da quel paese, si era ritrovato in situazioni pessime, al limite della sopravvivenza, della legalità, nella Grande Mela dove aveva costeggiato un periglioso entourage di gente poco raccomandabile, famigerati esponenti di casati della Piccola Italia, innestando una tresca amorosa con l’inviolabile moglie di uno di costoro ed alfine, un grave incidente lo aveva condotto quasi alla paralisi, immobilizzato per mesi, finché un attimo di lucidità lo aveva pervaso.

All’improvviso aveva abbandonato quella realtà, quella città, era tornato, ma non l’aveva più cercata, l’aveva dimenticata. Credeva, di averla dimenticata.

Lei sì, lo avevo dimenticato, aveva intrecciato altre relazioni, aveva convissuto, si era addirittura sposata, ed ora era di nuovo sola. Erano soli entrambi. E proprio ora, si erano rincontrati.

Fiumi di rum e letizia, scatenatasi in un soffio, come se quegli anni non fossero mai trascorsi, quindici anni che in un altrettanto soffio erano scomparsi, dileguati dalla riaffiorata complicità e la pulita sintonia che agli albori della loro relazione era stata insuperabile, divenendo talmente ebbri di quell’incontro, del loro perpetuo brindare, che ad un certo punto si fissarono languidi, sempre più complici, ed esplosero in un riso esilarato per quanto si sentirono buffi, ubriachi, davvero malridotti.

Presero un taxi, prima tappa casa di lei, ma al motore in sosta lei non scese, esitò, di nuovo combattuta… chiedergli di scendere con lei, invitarlo a salire, invitarlo…

Anni erano trascorsi, dalla fine del suo matrimonio, anni che si era chiusa in se stessa, autenticamente bloccata, che non provava il calore di un amoroso abbraccio, l’ebbrezza di un bacio… anni che non stava con un uomo, che non riapriva la porta della passione, del desiderio, e lui… ma non era più lo stesso uomo, quell’uomo dal nome del promesso di Eva, dall’anima dannata. La tempra dei suoi quarant’anni si riconosceva dai suoi occhi non più di quell’affilato nero di un tempo, dalle linee solcate ma morbide, della sua consapevole espressività, da una sorta di pace interiore che non gli aveva mai ravvisato.

Dolci carezze, da troppo tempo dimenticate, sensazioni lontane, sensazioni ritornate, voluttuosi aneliti in un attimo di amore consumatosi in un lampo, o forse così lungo, ed intenso, da renderli immemori del fluente tempo che non aveva più consistenza, più conto. Una notte in un minuto, un minuto lungo come l’infinito…

E il tepore del mattino li sorprese così, abbracciati quasi incollati, al risveglio frastornati, e sconvolti, senza sapere cosa dirsi, cosa aspettarsi. Pertanto regnò il silenzio, in quel rilento impiegato per mettere i piedi fuori dal letto, vestirsi, muoversi…

Un altro taxi, fino all’auto di lei, un’altra sosta…

Si guardarono, si sorrisero, senza dirsi nulla. Capirono… quello era un addio.

Possono trascorrere gli anni, consumarsi intere esistenze, ma certi legami sono destinati a sopravvivere per sempre. E le speranze rinascere.

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© Christine Kaminski | Vietata la riproduzione senza consenso scritto

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