LA LUCE DEL RISVEGLIO, Cap. 1

Caleb rise a fior di labbra per via di quel gioviale entusiasmo, quella vistosa pienezza di vita che aveva sempre contraddistinto la sua bambina, e con immenso piacere consolidò che la sua Elizabeth non fosse mutata di un granello. Quei lati del suo carattere li aveva conservati sani e vigorosi, senza esiguamente attenuarli col trascorrere del tempo, persino a dispetto della disciplinata vita cittadina e del suo delicato status di futura moglie, di donna promessa ad un noto discendente di un’autorevolissima famiglia texana appartenente all’upper-class di Houston.

«È di sopra, è da poco rientrato dal lavoro e sta…» Ma non fece in tempo a concludere la frase, che Beth era già dentro la villa, in uno scatto pressoché fulmineo.

Colin stava placidamente discendendo le imponenti scale, ormai disteso ed acquietato dopo aver smesso gli abiti dell’ufficio ed aver placato, mediante una lunga doccia, le reiterate preoccupazioni che lo subissavano quotidianamente, dal giorno in cui aveva avviato la sua attività, un pregevole Network locale con sede a San Antonio.

Era sempre rigenerante ritornare al ranch di famiglia, ancorché vi trascorresse all’incirca tutti i suoi week-end e le feste dichiarate, al fine di allontanarsi per qualche ora dagli assidui impegni che lo serravano anche quando rientrava nel suo appartamento, ubicato poco distante dall’edificio dove aveva strutturato la sua azienda. Questa ovviamente richiedeva la sua massima attenzione per quasi ventiquattrore al giorno, e questa piccola vacanza forzata gli avrebbe consentito di rilassarsi per bene, anche per affrontare con rinvigorita energia le impasse più malagevoli della sua quotidianità, racimolare un rinnovato vigore che di certo la presenza di Beth gli avrebbe erogato.

«Colin!» Fu l’unica cosa che lui udì, prima di essere irruentemente investito da una flessuosa e morbida figura dalla chioma dorata che gli annodava energica le braccia intorno al collo, e che lo quasi travolse sugli ultimi gradini della sontuosa scalinata che conduceva al piano superiore.

L’uomo restò immobile, un po’ interdetto da quell’autentico assalto, ma poi riconobbe il colore dei capelli di Beth e il loro inconfondibile profumo. «Devo rilevare che usi sempre lo stesso balsamo» sogghignò, afferrandole le braccia per guardarla in volto.

«Oh, Colin, sei sempre il solito testone, sei seriamente impossibile!» s’incappellò lei, fingendosi imbronciata. «Io che ti abbraccio con tanta affettuosità, e tu mi riservi un’accoglienza così grossolana!»

Colin sorrise benevolo e riscontrò all’istante che negli occhi di Beth persisteva una luce diversa, ora matura, diversamente dall’ultima volta che l’aveva vista, qualche tempo addietro, in cui gli era parsa ancora abbastanza infantile e capricciosa. Ma, sul momento, si rese conto che la sua piccola bambola era cresciuta ed era oltremodo divenuta un gran bella donna.

«Ehi, signorina, dovresti iniziare a controllare i tuoi impeti, non sei più una ragazzina» la bacchettò, e simulando una severa impostazione, «Chi è quel folle che ha deciso di sposarti, non sarà mica un marziano?» ironizzò, quantunque i suoi profondi occhi dal color dell’acquamarina lucente, tradissero appieno la sconfinata gioia che provava nel rivederla.

Kevin era fermo sul portone d’ingresso, un pochino tentennante in verità, si era leggermente intimidito a causa delle parole che Beth gli aveva enunciato riferendosi a quell’uomo. Ma poi non si crucciò più del necessario, d’altronde lui proveniva da una facoltosa famiglia, di rango autorevolmente elevato, e alla base quel tizio non avrebbe dovuto avere nulla a che ridire su di lui. Perciò, prese tranquillamente l’iniziativa e con somma scioltezza andò loro incontro, salendo un paio di gradini per raggiungerli.


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Beth si accorse della presenza del fidanzato, e senza rispondere alla provocazione del fratello si volse nella sua direzione per concedergli di introdursi nella conversazione. Tuttavia, ritrovandosi in mezzo a quei due avvertì un piccolo e repentino brivido sulla pelle, nell’accertare il penetrante, destabilizzante silenzio piombato all’improvviso.

Colin fissò l’uomo per qualche silenzioso secondo, anatomizzante, abbastanza infastidito dall’audacia con la quale costui s’era fatto avanti, e Kevin, nell’aver distinto una certa malevolenza da quegli occhi precipitevolmente incupiti, gli tese rigida la mano, permanendo in una postura inarticolata ed assai circospetta.

«Io sono Kevin, il fidanzato di Elizabeth.»

«Sì, fratellone, lui è Kevin, il marziano di cui parlavi» scherzò Beth, sorridendo, col chiaro proposito di disperdere l’immediata tensione che, inspiegabilmente, si era incrementata in quei pochissimi secondi.

Colin allungò il braccio e strinse la mano dell’uomo. «Colin Bell, è un piacere» si presentò, in tono molto formale ma gelido, acremente distaccato.

«Ottimo, vedo che abbiamo terminato con le presentazioni.» Caleb era appena rientrato e subito s’incuriosì, notando la singolare reazione che manifestarono i tre presenti, in seguito alle sue parole. «C’è qualche problema?»

«No, papà, stavamo giusto finendo di conoscerci.» Colin circondò con un braccio le spalle della sorella, ed invitandola a terminare le scale, «Allora, hai già scelto il tuo vestito?» s’informò, ostentando una perfetta noncuranza nei confronti di Kevin.

«Altroché, è davvero favoloso. Dopo te lo farò vedere, rimarrai di sicuro a bocca aperta!» gongolò lei, saltellando festosamente.

«Ah, bene, e di che colore è?» la stuzzicò, distillando un’allusiva malizia dal suo timbro di voce, nonché dal suo sguardo sottilmente dileggiante.

«Ma che domande, è bianco, lunghissimo…» cinguettò trasognata, raffigurandosi nel contempo il giorno in cui lo avrebbe indossato.

«Bianco? Ma ti pare il caso?» la canzonò lui, scoccando un’occhiata solennemente significativa a Kevin.

Beth avvampò, avendo infine colto cos’avesse voluto insinuare il fratello con quelle sue domande. «Colin! Ti prego…»

Lui diede in una reboante ed impetuosa risata, per esser riuscito nel suo scopo, l’innocente motteggio teso ad imbarazzare la sua sorellina. Era felice che non avesse smarrito la sua verve e la sua incontrollabile permalosità, che avesse conservato integre la sua naturalezza e la sua gioiosità.

© Christine Kaminski | Vietata la riproduzione senza consenso scritto

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