KALERIYA, Cap. 2

Si sporse verso di lei e la sovrastò sul divano, baciandola flessuoso sulla vellutata e bramosa bocca, muovendosi sempre più lento e spodestante, come se avesse auspicato di assaporare con calma, per gradi, quella imminente unione. Però d’emblée si riaccese, si fece voracemente impaziente, nel sembrare quasi che non l’avesse posseduta, non prima d’ora.

Sicché, dopo averle sbottonato la camicia per supremamente iniziare quel viaggio, si alzò con lei sollevata contro il suo torace, tenendola saldamente da sotto le natiche per dirigersi in camera da letto.

E lì la travolse di nuovo, la denudò e si denudò, la invase, e nel vero senso della parola.

Quell’estatico attimo si consumò in un lampo, fu furioso, inatteso, forse anche più del primo perché lui, completamente libero di esprimersi, di beneficiare di lei e delle sue magnetiche fattezze, la condusse in una autentica esplosione, seguendola a capofitto, in una passionale, genuina opera di dominazione, talmente autocratico, invasivo, che lei si sentì posseduta nella più piena accezione del termine.

Kyle la serrò a sé prepotente, sfrenatamente arroventato, non concedendole l’opportunità di ricambiare, di partecipare in quell’atto a dir niente virulento nella sua passionalità. Ma fu comunque delicato nelle sue carezze e nelle sue movenze, un altro paradosso che la indusse ad elettrizzarsi in una misura stratosferica, o forse addirittura delirare.

Ed era sdraiato su di lei, immobile, alquanto stordito, rimase così per alcuni minuti, riappropriandosi man mano del suo battito cardiaco, del respiro piretico e turbinoso, sulle prime incontrollato. Sinceramente era un po’ tramortito da quella violenza di sensazioni, poco frequente nei suoi frugali flirt notturni, dove difficilmente gli capitava di stancarsi, svuotarsi così.

Poi a rilento eresse il capo, si soffermò per svariati secondi ad osservarla speculativo, e le passò una mano sulla fronte madida, per nettarla e liberarla dalla chioma scarmigliata.

«Vado a farmi una doccia.» Di colpo si alzò dal letto, ma prima d’incamminarsi in direzione della stanza da bagno, si arrestò e la guardò ancora, un istante silente.

«Puoi rimanere a dormire qui, se vuoi.»

Sheila era frastornata, tutte le energie superimpiegate, quella strepitosa e stravolgente valanga di emozioni, non le permisero di rispondergli, di accettare il suo invito.


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Tuttavia anche lei lo guardò per alcuni secondi, studiandolo taciturna e considerevolmente stupita, dato che lui, al suo contrario, appariva in perfetta forma, quantunque fosse visibilmente accaldato, appagato nella propria espressione, quasi pacificato. Però d’un tratto non riuscì più a trattenere gli occhi aperti, una spossatezza colossale la sopraffece, per cui si girò su un fianco e in un baleno si addormentò.

Kyle restò ad osservarla per un po’, in seguito sorrise ammorbidito e s’instradò verso il soggiorno. Si scrutò attorno e dopo aver adocchiato l’obiettivo prefisso, la ventiquattr’ore di lei, le si avvicinò e la raccolse, l’aprì e vi frugò all’interno.

Individuò il portafogli e lo impugnò per ispezionarlo.

«Mmm… non sei poi così giovane» accertò, a bassa voce, consultandone dapprima la data di nascita, l’elemento che a prescindere dai suoi fini, lo aveva più incuriosito.

Perlustrò con attenzione il resto dei documenti, eppure trovò ben poco di esaustivo, una carta di credito, la tessera sanitaria, qualche biglietto da visita, niente d’interessante.

Quindi afferrò il telefono cellulare per visionare la rubrica dei numeri telefonici lì memorizzati. Era spento, per cui lo accese, ma sul display comparve la schermata per inserire il codice pin.

«Dannazione» s’innervosì, sempre sottovoce, ciononostante non se ne creò troppo un problema, aveva già qualche elemento valido. La sua identità era esattamente quella da lei dichiarata, pertanto estrasse la batteria per reperire il numero telefonico dalla SIM, lo memorizzò, richiuse la valigetta e la rimise nello stesso identico posto.

Andò a farsi la doccia, trattenendosi numerosi minuti sotto l’acqua per fare il punto della situazione, e allorché rientrò in camera sorrise deliziato, vedendola accartocciata su un fianco che dormiva profondamente, semiattorcigliata dal lenzuolo.

Le si sdraiò di fianco e l’avvolse intorno alle nivee spalle per spalmarsela sopra, e il corpo di lei fu così malleabile, soffice, che lui con un lieto sorriso, sempre più deliziato mormorò: «Sei proprio un orsacchiotto, ma sempre indescrivibilmente sexy e vivido.»

«Ma dove diavolo…» si strabuzzò Sheila, avendo vagamente individuato l’inusuale luogo nel quale si era svegliata.

Scrollò la testa e si rese conto di essere totalmente distesa sul corpo di un’altra persona, un uomo, tentò di far mente locale e rammentò.

«Oddio… che ore sono?» ricercò a se stessa, ma fu Kyle a risponderle, era sveglio.

«Sono le otto.»

Lei erse il capo e lo guardò rintronata, roteando gli occhi. «Mi sono addormentata qui?»

L’uomo annuì e le sorrise con un’incredibile morbidezza, per lei a dir nulla stupefacente. «Sì, ed avevi ragione.» La strinse possessivo per le spalle, con superlativo calore, e in seguito perfezionò: «Hai dormito come un orsacchiotto, lo sei per davvero.»

Con uno sguardo insofferente Sheila travalicò, non era più il momento di scherzare, già lo avevano fatto sin troppo. «Devo andarmene, ho un sacco di cose da fare e…» Kyle però, non le consentì di terminare, subito si mosse per imprigionarla sotto di sé e sorrise ancora.

«Non se ne parla, adesso che sei qui, voglio approfittarne.» E con la sua solita, imprevedibile velocità, le catturò le labbra in un bacio avido e infuocato, e con identica rapidità fu dentro di lei.

© Christine Kaminski | Vietata la riproduzione senza consenso scritto

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