CACCIA AL TESORO di Luigi Limatola

In preda al sonno, il piccolo Gustav poté alfine coricarsi, anche se mancava ormai solo una manciata di ore per l’alba. Il giorno successivo si svegliò molto tardi e si recò dal Principe su indicazione della Fata, senza neanche aver fatto colazione.

Arrivato lì, Gustav intravide una fitta schiera di persone in attesa di essere ricevuta dal figlio del Re; si trattava dei partecipanti alla Caccia, che aspettavano con ansia il proprio turno per mostrare nella sala di ricevimento reale, ciò che avevano trovato: chi aveva in mano dei sassi dorati, chi un finto diamante gigante, chi ancora portava in mano un libro di Magia che sicuramente era stato comprato e che doveva essere spacciato come tesoro della Caccia.

Di volta in volta il piccolo Gnomo vedeva dalla porta della sala, i partecipanti uscire disillusi, uno ad uno, scortati sempre da due guardie che borbottavano, e rimproverandoli li accusavano di voler raggirare il Principe.

Giunse finalmente il turno di Gustav. Il piccolo Gnomo impaurito sperava di non riscuotere la stessa figura di coloro che lo avevano preceduto, si ricordò però delle parole della Fata Fotònia, di mostrarsi cioè felice nel consegnare la pergamena. Occultando ogni sua paura Gustav, dunque, si recò pimpante dal Principe e gli offrì quel che aveva trovato nello scrigno.

Il Principe prese in mano la pergamena e cautamente, ma con copioso sgomento, lesse quelle parole che per lui erano totalmente assurde, poi con sguardo arrabbiato si rivolse a Gustav asserendo: «Che scherzo è mai questo? Io aspettavo un forziere pieno d’oro, il più ricco forziere del Regno, cosa vuol dire: Capita sovente di cercare lontano, quel che in realtà è innanzi ai nostri occhi? Spiegamelo o condannerò anche te per aver cercato di raggirarmi.»

Gustav era atterrito, non sapeva cosa rispondere ed ora, nella paura di essere condannato confidava in un miracolo. Questo, per sua fortuna non tardò a manifestarsi.

Apparve di colpo la Fata Fotònia, stavolta però nella sua veste di Principessa, rivolgendo dolce lo sguardo al suo Principe. Gustav tirò un sospiro di sollievo, il Principe al contrario rimase sconvolto da questa improvvisa apparizione, non capendo sulle prime di quale malefico sortilegio egli fosse vittima.

La Principessa Costanza si avvicinò pian piano al Principe, e con l’aria dolce e aggraziata che la contraddistingueva gli parlò: «Non hai ancora inteso, vero? Sono io il tuo più grande tesoro; hai cercato ovunque, per mare e per monti, nelle vallate del tuo immenso Regno, potere e fama, ma ciò che desideravi realmente ti era già accanto e, quando lo hai perso, hai fatto di tutto per ritrovarlo.»

Continuando a fissarlo negli occhi, Costanza così seguitò: «Mio amato Gennaro, hai istituito addirittura una Caccia al Tesoro per ritrovarmi, forse per pigrizia, ma con siffatto gesto hai reso felice gli abitanti del tuo Regno; chiunque abbia partecipato è stato davvero felice di questa tua iniziativa, di gran lunga differente dai tuoi abituali desideri di conquista e di espansione territoriale. Vedi, adesso io sono consapevole dell’Amore che provi per me, e tu sei ridiventato consapevole di quel valore che un tempo mi attribuivi, ma che hai accantonato a causa delle distrazioni che quel tuo potere ti ha procurato. Ora, Principe, ti chiedo nuovamente di essere mio marito e di dare spazio alle cose che veramente contano nella nostra vita.»

Al sentir queste parole, il Principe scoppiò in un pianto di commozione, di seguito abbracciò e baciò la sua amata che da tempi interminabili aveva perduto. Volgendosi verso il piccolo Gnomo, chiese poi perdono per il suo atteggiamento iracondo e lo ricompensò con le mille monete d’oro della gara.


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Soddisfatto di se stesso e contento per quel finale da favola, Gustav si apprestò a tornare dal fratello per raccontargli quel che avevano veduto i suoi vispi occhietti e, anzitutto, il lieto fine di cui era stato testimone.

Costanza non ebbe il tempo di ringraziare il piccolo Gnomo, che questi era già partito di corsa. Gustav infatti, arrivò in breve tempo dinanzi alla porta di casa e qui iniziò a gridare: «German, apri, apri! Devo raccontarti la mia avventura al castello, non immagini nemmeno il buon fine.»

German gli aprì la porta e, dopo essersi seduto decise di assecondare il fratellino, pertanto ascoltò ciascun minimo dettaglio che quest’ultimo aveva da riportargli. Fu molto entusiasta di essere informato sulle avventure del fratello ma, principalmente, era felice della ricompensa: con quelle mille monete d’oro i due Gnomi, potevano infatti organizzare una Caccia al Tesoro tutta loro con gli amici.

Ad un certo punto del racconto di Gustav, il fratello tuttavia, lo fissò con fare alquanto scettico ed affermò: «Aspetta però, mi hai parlato anche di una Fata.»

«Sì, Fata Fotònia, colei che in realtà è la Principessa Costanza!»

«Ma che sciocchezze, allora ti sei inventato tutto!» lo schernì bonariamente German. «Cerca di crescere, fratellino ingenuo, le Fate sono solo una fantasiosa invenzione delle persone credulone, quelle come te. Credimi, anche se una volta esistevano, ora saranno certamente estinte del tutto. Vorrei proprio capire come hai fatto a vincere queste mille monete d’oro…» aggiunse con sguardo da sapientone, intanto che si ergeva dalla sedia maneggiando il ricavato della Caccia.

Non sapendo dare spiegazioni, con l’occhio triste Gustav accennò: «Ma, ma io… va bene, lascia stare.»

German, sempre con atteggiamento sospettoso ma al contempo divertito, disse quindi al fratellino: «Sì, forza, lasciamo stare, divertiamoci con i nostri amici quest’oggi.»

Nel frattempo, non tardò a diffondersi la notizia della vincita di Gustav tra gli amici e i parenti dei due fratelli e, nel pomeriggio stesso, il piccolo Gnomo organizzò una nuova Caccia al Tesoro che prometteva al vincitore una ricompensa di cinquecento monete d’oro.

Tutti furono raggianti in quella giornata.

La storia del piccolo Gnomo però non finisce qui. Il mattino seguente Gustav trovò a casa sua un’enorme quantità di dolci da divorare, lasciati da uno sconosciuto che li aveva consegnati al fratello maggiore, unitamente ad una lettera che lo fece sprizzare di gioia.

Questo vi era scritto:

Gustav, è grazie a te se io e mio marito abbiamo ritrovato la pace, sei rimasto nei nostri cuori, nel mio in particolare, molto più di quanto avrei potuto aspettarmi. Io e Gennaro abbiamo saputo che vivi da solo con tuo fratello, forse ti chiediamo troppo ma saremmo davvero felici se tu, piccolo Gnomo, decidessi di vivere con noi per sempre e insieme a tuo fratello nel nostro umile castello; se accetterete, diventerete i due nuovi ideatori di ogni Caccia al Tesoro del Regno e renderete felici non solo noi, ma anche gli abitanti di Palesia, Giagarta, Ciccionia e Tesoria.

Firmato, Fata Fotònia… ops, Principessa Costanza

Lascio a voi immaginare, cari amici, quale sia stata la decisione presa dal giovane Gustav…!

Ah, dimenticavo, dopo aver letto la lettera, prima di farla leggere anche al fratellino, German aveva alzato il capo e constatato che il messo era sparito. Prima di chiudere la porta, inoltre, aveva veduto da lontano, sulla strada che conduceva al castello e si dirigeva su, verso una collina tutta verde, una giovane donna sorridente che lo salutava. Gli donava tanta pace solo al vederla.

Per giunta, German l’aveva vista agitare una bacchetta e dissolversi dentro ad una luce bianca che a lui appariva magica, maestosa e soprannaturale. Era rimasto ovviamente a bocca aperta, incredulo, pensando di aver vissuto una sorta di allucinazione.

Rimasto solo in casa, tra sé e sé aveva rielaborato con la mente il prodigio a cui aveva assistito. Essendosi successivamente convinto di non aver avuto le traveggole, aveva borbottato a voce bassa: «Penso seriamente che da oggi in avanti dimenticherò tutto, ma proprio tutto ciò che mi è stato insegnato. Se le Fate esistono concretamente, chissà quali altre meravigliose bizzarrie mi riserva questo mondo se lo osservo con gli occhi di un bambino, proprio come fa mio fratello Gustav!»

Dopo aver svegliato il fratello piccolo ed avergli consegnato la lettera che costui aveva letto tutto d’un fiato, German lo accarezzò sulla scompigliata chioma rossiccia esclamando: «Perdonami, fratellino!»

Gustav lo guardò in strano modo. «Eh? Per cosa?»

«Per aver dimenticato la magia della vita!» esclamò di nuovo German.

Fu con queste parole che i due fratelli si abbracciarono calorosamente, e restarono in quello stato emotivo per un bel pezzo, felicissimi entrambi di aver trovato quel che per loro era il tesoro più grande, ovvero quello degli affetti familiari, e dell’entusiasmo per le cose semplici.


© Christine Kaminski | Vietata la riproduzione senza consenso scritto

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