MIRACOLO DI UNA FATA di Carlotta Gerini

I miracoli non sono riservati solamente agli Angeli, la prima mano di Dio, ma anche a tutte le creature del Piccolo Popolo. A modo loro, infatti, anch’essi fanno miracoli. Miracoli più piccoli, certo, che potrebbero passare inosservati, ma sempre miracoli.

Esisteva un giovane Folletto, che amava tanto fare gli scherzi agli umani, fin troppo, tanto che talvolta ne combinava veramente di serie, fortunatamente non irrecuperabili. A porvi rimedio, era spesso una sua amica Fata, una Fata buona, che gli voleva tanto bene e sempre si preoccupava per lui, affinché non si cacciasse nei guai.

Il Folletto era davvero un birichino, forse perché ancora bimbo e non aveva ben distinto che il mondo degli umani non fosse magico come il loro, che vi fossero cose a cui non si potesse rimediare, una volta fatte.

Accadde infatti, che un giorno, vedendo passeggiare due ragazzi, mano nella mano, nel parco naturale dove abitava coi suoi parenti ed amici Folletti, li seguì per stuzzicarli un po’.

Sedutisi ad una panchina, a farsi moine e scambiarsi baci, i due giovani incominciarono a patire gli scherzi del Folletto. Una volta il solletico all’orecchio del ragazzo, una volta tirava i capelli alla ragazza, e così via per una buona mezz’ora.

Al che, stanchi di questi insetti fastidiosi, pensavano i ragazzi, costoro si alzarono e decisero di fare una passeggiata, su per il sentiero che conduceva ad una collinetta un po’ appartata.

Il Folletto naturalmente non demorse, anzi, più le sue “vittime” fuggivano, e tanto più le perseguitava, maggiormente stimolato. E quante gliene combinò per la strada! Però stavolta la fece proprio grossa, giacché, a causa di uno dei suoi scherzi, per la paura che la fece inconsultamente scattare, la ragazza scivolò sul brecciame del sentiero e cadde dal dirupo.

«Fata! Fata!» gridava il Folletto terrorizzato. «Fata mia, aiutami!»

Allora comparve la Fata che esasperata gli chiese: «Che cos’hai combinato questa volta, amico mio Folletto?»

«L’ho uccisa! Ho ucciso quella ragazza…!» tribolava.

La Fata si turbò. «Dov’è?»


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«Lì… lì» le indicò il Folletto, con il ditino a dir poco tremolante.

 La Fata spostò lo sguardo in quella direzione e vide il corpo esanime della ragazza, a metà del burrone, su una sporgenza rocciosa. «Resta qui, vado a vedere.»

Con una Magia la Fata sparì e ricomparve dov’era caduta la ragazza, mentre udiva le urla disperate del fidanzato che chiedeva aiuto, ai bordi del precipizio.

Per fortuna, non era morta, respirava, solo che aveva una gamba totalmente piegata all’indietro, forse spezzata. La Fata sospirò, perché a questo non avrebbe potuto rimediare, loro dei mondi magici non potevano intervenire sui danni fisici, men che meno resuscitare dalla morte. A loro era soltanto concesso di far leva sui sentimenti umani, sulle speranze, di guarire i cuori degli uomini, perfino di esprimere i desideri, se l’anima umana fosse stata pura.

Allora la Fata ebbe un’idea. Con uno scintillìo sparì di nuovo per teletrasportarsi faccia al ragazzo.

Costui non fece caso al modo in cui ella apparì, disperato com’era, specie perché si erano allontanati parecchio e nessuno sembrava udire le sue grida.

«Io posso aiutarti» gli disse la Fata per calmarlo.

«E come?» ansimava il ragazzo, la voce rotta dalle lacrime.

La Fata intanto aveva letto nel suo cuore, era puro e buono, quindi qualche cosa la poteva fare. «Pensa alla cosa che desideri di più al mondo.»

«Beh… io» tentennò il ragazzo, abbastanza stupito.

«Dimmi, ragazzo. Io non posso restituire la gamba alla tua amata, però posso esprimere un tuo desiderio, ma sappilo esprimere bene, perché indietro non si torna.»

Il ragazzo non si chiese il perché o il percome, chi fosse quella strana creatura che, quantunque avesse sembianze umane, non dava davvero l’idea di essere una donna. Una cosa però la capì, che se questa specie di Angelo non poteva curare la sua fidanzata, ciò voleva indicare che egli doveva fare in modo che quell’incidente non fosse mai avvenuto.

«Voglio tornare indietro nel tempo» allora espresse.

La Fata però gli rispose: «Non posso riavvolgere il tempo per viverlo a tuo piacimento, e non posso comandarlo a servizio della mente umana, però posso inghiottire la tua memoria.»

«E significherebbe?»

«Posso fare in modo di cancellare questa giornata dai tuoi ricordi.»

«Ma Sara resterà comunque ferita, vero?»

«Non è detto. Io inghiottirò anche questo giorno, come se non fosse mai successo, la differenza è che tu non ricorderai nulla, lei neppure, perciò non è garantito che non accadrà di nuovo. È un rischio che sei disposto a correre?»

«Se non c’è altra via…»

«Bene, chiedimelo» ufficializzò la Fata per poter procedere.

«Voglio che questo giorno sia cancellato e con esso anche dalla mia memoria.»

Dalla mano della Fata apparve una bacchetta tutta sfavillante che ella agitò in tondo, pronunciando sottovoce una formula magica.

Dopo l’incantesimo, il ragazzo si ritrovò nel suo letto, a dormire, e svegliandosi di soprassalto credette che di aver avuto un incubo, dalla sensazione che ne ebbe, seppur non rammentando nulla di esso. Ed anche la ragazza.

Per buona sorte l’incidente non accadde un’altra volta, ma la Fata rimproverò per bene il Folletto che, da quel giorno, divenne buono e bravo ed anzi, invece di far dispetti, divenne paladino delle coppie di innamorati, aiutandoli nel loro Amore e nei dissidi, un piccolo Cupido magico.


© Christine Kaminski | Vietata la riproduzione senza consenso scritto

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