LA FATA PERDUTA di Giorgia Leoni

All’interno di un bosco fiorente, in un tempo remoto e a noi sconosciuto, era in procinto di albeggiare il Solstizio d’Estate.

Le Fate erano tutte indaffarate per i preparativi della Festa, svolazzavano per il bosco a scegliere i fiori più belli con cui omaggiare le nuove Fatine che, proprio la notte del 21 giugno, sarebbero state iniziate. Sarebbero diventate Fate a tutti gli effetti, ottenendo in tal modo i privilegi e i poteri magici delle Fate Anziane.

Durante il gran daffare, Mina, una Fata dell’Acqua, si dedicava alla raccolta della rugiada dai petali delle ninfee, con l’aiuto di sua figlia, una Fatina di nome Fire. Ma, in un attimo di distrazione, urtò con un gomito contro la piccola, facendole perdere l’equilibrio e causandone così la caduta nel lento ruscelletto che scorreva in mezzo al bosco.

Fire cercò di nuotare per tornare a riva, ma il suo esile corpicino fu facilmente trascinato dalle acque, fino a che la corrente non divenne troppo forte, talmente incontrastabile che Mina, nonostante i ripetuti sforzi, non riuscì a tirarla fuori dall’acqua e, piangendo disperata, la osservò tristemente sprofondare nelle oscure acque, improvvisamente tempestose del fiumiciattolo di quel magico bosco.

Solamente una cosa tornò a galla: le ali di Fire.

Poche ore più tardi, un pescatore trovò sulla riva di un lago una bambina svenuta, di circa cinque anni, che aveva i capelli di un brillante rosso scarlatto e indossava un vestitino di tulle rossiccio. Il pescatore, che era un uomo solo, vedovo della moglie e senza figli decise di portarla a casa con sé.

Nel momento in cui la prese in braccio, notò che dai capelli della bimba spuntavano delle orecchie leggermente a punta. Arrivato a casa, la distese sul letto e si mise a prepararle un brodino caldo in attesa del suo risveglio.

Allorché si riprese, la bambina non ricordava nulla, né delle sue ali né di essere Fatina: la perdita delle ali aveva provocato in lei una conseguente perdita di memoria. Questa era una regola del Mondo Fatato per le giovani Fate ancora inesperte, per preservarne l’esistenza e quella del Piccolo Popolo, affinché Umani malvagi non avessero potuto scoprire l’identità della sventurata Fatina ed approfittare quindi della sua innocenza.

A fatica si mise a sedere e tossì l’acqua che le era rimasta in gola. Nicolas, il pescatore, rimase un po’ sorpreso dalle sembianze della piccola, in quanto aveva anche un particolare colore di occhi. Erano gialli come oro.

Con estrema calma per non traumatizzarla più del dovuto dopo la sua sfortunata avventura, le portò da mangiare e da bere e provò a farsi raccontare la sua storia, ma invano.

«Qual è il tuo nome?» le domandò alla fine.


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Un pochino intontita, la bimba rispose: «Il mio nome è Fire, ma è l’unica cosa che ricordo.»

«Vuoi restare ad abitare qui con me?» le propose dolce e indulgente, assai intenerito dalla sua fragile postura.

La bambina accettò con un sorriso. «Sì, signore, rimango molto volentieri.»

Gli anni volarono, ora Fire ne aveva dodici e andava regolarmente a scuola come le bimbe “normali”, ma veniva continuamente presa in giro per i suoi occhi gialli e le sue orecchie a punta.

Nicolas non sapeva che lei venisse schernita e che, ogni sera, quando andava in camera, sdraiata sul letto piangeva soffocando i singhiozzi nel cuscino per non farsi scoprire.

Ormai stanca di questa vita, un giorno, d’impulso, decise di lasciare quella casa; sebbene si fosse molto affezionata al pescatore, avvertiva il costante bisogno di ritrovare le sue origini e la sua vera famiglia. Fu come se una forza inspiegabile si fosse impadronita di lei, però sapeva di dover andar via, e subito.

Così, senza più pensarci e di fretta, scrisse un biglietto al pescatore ringraziandolo di tutto ciò che aveva sempre fatto per lei, infilò in uno zainetto i suoi vestiti insieme a qualcosa da mangiare per il viaggio e s’incamminò lungo il bosco.

Si sentiva insistentemente osservata e le pareva che delle vocine bisbigliassero tra le foglie, lei le sentiva, tuttavia non riusciva a capire a chi appartenessero.

Ad un certo punto una voce sovrastò le altre: «Fire? Sei proprio tu?»

La ragazzina si girò di scatto e vide una donna meravigliosa con lunghi e liscissimi capelli blu mossi dalla brezza, occhi color verde acqua, orecchie a punta come le sue ed un fluente abito di tulle celeste.

«Sì, signora, Fire è il mio nome, ma voi chi siete?» le chiese la fanciulla con aria smarrita.

«Oh, Fire!» La donna corse felicissima verso la ragazza e la abbracciò stringendola forte. Le toccò la schiena e magicamente le spuntarono le ali.

«Ora puoi ricordare» le sussurrò Mina all’orecchio, e in un secondo Fire rammentò tutto quel che le era successo, dall’attimo in cui era nata in quel meraviglioso Mondo di Fate. Si strinse piangendo a sua madre, che in tenera risposta le accarezzò dolcemente i capelli.

«Coraggio, bambina mia, sei arrivata puntuale, quest’oggi è il giorno del Solstizio» la consolò Mina, e tutte le altre Fate uscirono dai propri nascondigli.

Fecero gran festa e, durante la cerimonia di iniziazione, Fire fu incoronata Fata del Fuoco e per il suo gran coraggio e forza d’animo, le dedicarono una statua fatta di edera e fiori, con addirittura una targa incisa con della brillantissima polvere magica.

La Leggenda narra che, ogni persona che leggerà ad alta voce la targa Fata perduta, finalmente ritrovata, potrà rivivere per una volta il viaggio di Fire, e vivere le sue avventure.


© Christine Kaminski | Vietata la riproduzione senza consenso scritto

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