MANCA SEMPRE QUALCOSA, Cap. 3

«Agente Godwin, prego, si accomodi. Ho sentito molto parlare di lei.»

Sebastian tracciò un cenno di saluto con il capo tendendogli la mano, e dopo un reverente invito gestuale dell’uomo, si accomodò su una delle sedie disposte dinanzi alla scrivania.

«Capitano, mi scuso sin da ora se le arreco disturbo, mi rendo conto di quanto possa essere impegnato, ma in teoria non ci metterò molto. Sarò breve, se non altro strettamente necessario.»

«Oh, si figuri!» minimizzò l’altro, incurvando le labbra in un sorriso bendisposto. «Ma devo precisarle che ho tentennato all’inizio, quando la mia assistente mi ha comunicato che desiderava parlare con me. Non confidavo che fosse realmente lei, anzi, a dire il vero sospettavo che fosse uno scherzo di pessimo gusto, intentato da qualcuno che intendesse passarsi per lei. Mi sembrava improbabile che fosse giunto da Washington per operare in questa giurisdizione, senza che io ne fossi stato avvisato in precedenza.»

«In realtà sono in vacanza, è per questo che non è stato informato a priori. Neanche i miei superiori sono a conoscenza di ciò che faccio qui a San Francisco.»

L’uomo lo guardò interdetto. «Scusi, ma non mi ha appena detto che è qui in vacanza?»

«Sì, sulla carta, però i miei programmi sono tutt’altri.»

Il capitano si frizionò mollemente la fronte, storcendo cogitante la bocca, incapacitato ad afferrare cosa cercasse da lui. Ma per non tirarla tanto per le lunghe, prendendo atto che ben presto lo avrebbe scoperto altrimenti non sarebbe venuto fin lì per parlargli di persona, schiarendosi la voce lo anticipò: «Mi dica pure, ha bisogno del mio aiuto?»

Sebastian annuì ed estrasse dalla tasca dei suoi jeans una fotografia, porgendogliela istantaneamente dopo. «Sì, capitano, ma gradirei di non pubblicizzare la questione. Sto seguendo un caso senza esserne autorizzato, e che per giunta non è nemmeno di competenza dell’FBI.»

«E quale sarebbe?» esplorò, osservando l’immagine ritratta nella foto che Sebastian gli aveva consegnato.


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«Ascolti, l’uomo che sto cercando è mio fratello ed ancora non ne ho denunciato la scomparsa, così come non lo hanno eseguito i miei genitori che per il momento ho persuaso di pazientare, proprio per potermene occupare personalmente.»

«Comprendo la situazione» ragionò il capitano, mentre esaminava la fotografia per constatare se lo avesse già visto in antecedenza, semmai l’uomo fosse capitato per caso al distretto. O se, malauguratamente, fosse una delle vittime ritrovate per le strade della città, assassinate da qualche delinquente di bassa lega in seguito ad un semplice furto. «Da quanto tempo non ha più sue notizie?»

«Sono all’incirca due mesi. L’ultima volta che ho avuto la facoltà di parlare con lui mi aveva comunicato che si sarebbe trasferito qui a San Francisco, aveva progetti ben prestabiliti, ecco perché ho la certezza che si trovi qui. Era molto determinato al riguardo, capitano, fatto che accade di rado quando si tratta di mio fratello, è un essere decisamente volubile e raramente l’ho udito parlare così, intenzionato come mai lo era stato, quantomeno ai miei occhi.»

«Sicuro, ma…» L’uomo a tutta prima titubò. «Lei sa che non posso incaricare delle squadre senza redigere rapporto, qualora insistesse a non voler rendere nota la faccenda.»

«Nulla di tutto questo, capitano, non le sto richiedendo di trovarlo ma soltanto di avvisarmi nell’eventualità che doveste avvistarlo, se fosse nei guai per mano sua o per quella di qualcun altro. Effettuerò io le ricerche, la ringrazio, ma ritengo di poterci riuscire anche senza il supporto delle sue pattuglie. Certo, se lo localizzaste casualmente prima di me, risolverei il problema e potrei godermi il sole e la villeggiatura.» Alla fine ci ironizzò sopra, quel poco che bastasse per sgravarsi dai suoi timori perché, siccome quando il fratello s’incapricciava sul serio, la sua volubilità spariva alla grande. Da come lo aveva percepito risoluto a proposito del suo fidanzamento con Sharise aveva presunto di trovarlo con lei, e invece di lui non c’era stata neanche l’ombra, men che meno a casa della donna.

Neppure da quel Wilcox era trapelato un che di utile, anzi, al suo tentativo di carpire qualche informazione sulla presenza di un eventuale innamorato nella vita di Sharise, l’uomo si era un bel po’ indurito, essendo forse convinto che le sue domande confluissero ad ottenere la certezza che la donna fosse single, per poterla liberamente sedurre. E comunque, proprio approfittando dell’idea che quel tale si era profilato su di lui, Sebastian si era manifestato oltremisura interessato a lei, divenendo addirittura assillante, nella scaltra intenzione di infilargli il corrosivo tarlo che non se la sarebbe lasciata di certo scappare.

L’unico elemento emerso era che quell’uomo fosse cospicuamente coinvolto dalla donna, ma che Sharise non avesse una relazione con chicchessia era assodato, inoculandogli in contemporanea un’acuta paura che fosse capitato a Leopold qualcosa di irrimediabile. Finora nessuno sembrava fosse a conoscenza della sua esistenza o, in un’ultima analisi, non faceva incisivamente parte di quella della persona che lui supponeva sarebbe stata la prima a rivelargli, anche se non verbalmente, in quale luogo si fosse cacciato.

Originariamente aveva meditato che quei due gli stessero mentendo, ma dopotutto non potevano essersi anticipatamente accordati e quel Wilcox, al conclusivo riscontro dei fatti, non sembrava affatto il tipo da agire come depositario dei segreti di una tresca amorosa, tutt’altro. Per come si fosse illuminato appena aveva visto Sharise, Sebastian dubitava che quel tizio avesse potuto spalleggiare un suo potenziale rivale, pertanto l’ipotesi più plausibile era che fosse stato il medesimo Leopold a mentirgli, e per quale arcana ragione, ancora non riusciva ad evincerlo.

© Christine Kaminski | Vietata la riproduzione senza consenso scritto

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