MANCA SEMPRE QUALCOSA, Cap. 2

Cosicché, sprigionò un soffuso colpetto di tosse, nell’aver altresì rilevato che l’uomo si era ammutolito, ma per motivazioni che, pur essendone convinta non erano affatto quelle che presumeva lei. «Mi dispiace, non volevo essere offensiva, probabilmente anche suo padre sarà un avvocato ed ho parlato a vanvera, mi perdoni» sgusciò, gettandola lì, senza neanche accorgersi di aver centrato il bersaglio, la sua era stata una pura supposizione.

Sebastian s’irrigidì, non discernendo se lo avesse alfine riconosciuto, giacché di base sussisteva una certa somiglianza tra lui e Leopold, anche se il fratello esibiva dei tratti somatici più delicati ed un colore differente sia di occhi che di capigliatura. Ma più oltre si biasimò, era impossibile che lei avesse potuto capirlo, dunque sul momento si sentì alla stregua di un insulso principiante per essersi lasciato interdire con tanta facilità.

Rifletté con calma e infine divulgò: «Qualsiasi sia la professione dei miei, sono d’accordo con lei, Sharise, il denaro dev’essere utilizzato per fini differenti.»

«Comunque io non spenderei mai una cifra esorbitante per un’auto» pontificò, di getto, però subito si pentì, nell’essersi resa conto di aver rincarato la sua offesa. «Beh, io volevo solo dire che…» tergiversò, cercando di riprendersi, ma in totale franchezza non sapeva proprio come attuarlo.

«Non c’è problema, comprendo alla perfezione cosa intendeva» la sovvenne, conservando il suo abituale atteggiamento pacifico, seppur sempre disperso nelle sue elucubrazioni atte ad inquadrare la donna.

«A dire il vero, beh… in effetti sono stata poco delicata, forse perché io non posso permettermelo» considerò, pur sollevando il mento fiera, non voleva dimostrare neppure al minimo di sentirsi inferiore soltanto perché non possedeva denaro da poter sperperare.

Sebastian rimase colpito dalla sua modestia ma, senza trapelarlo, con rinnovata tranquillità notificò: «È un regalo dei miei genitori, e per non rendermi scortese ho accettato. Fondamentalmente anch’io non potrei permettermelo.»

E se Sebastian era rimasto colpito, lei restò nientemeno affascinata dalla sua naturale schiettezza, dalla completa assenza di altezzosità, sia nel tono che in quelle parole enunciate.

«Mi fa piacere che lei non ne approfitti, anche perché mi risultava anomalo che si preoccupasse di sostenere spese contenute per affittare una camera d’albergo, cioè, irrilevanti rispetto al valore della sua auto.»

Sebastian intarsiò un sorriso compiaciuto, tuttavia non replicò. A quanto pareva non era l’unico a giocare con le parole per indagare sulla persona che aveva accanto. Sharise gli aveva abilmente carpito delle informazioni per produrre un’opinione esatta su di lui, o forse per appurare se potesse fidarsi, anche soltanto trovandogli un posto in cui stare.


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Beh, almeno la scelta del fratello non era ricaduta su un personaggio vacuo e mediocre come aveva creduto all’origine, ovvero solo in base all’aspetto etereo e distintamente fragile, il quale stimolava ben troppo il desiderio di protezione nella controparte. Ed era un aspetto sagacemente ripiegato a proprio vantaggio dalla gran parte degli esemplari femminili, che sfruttavano una tale carta vincente per soggiogare qualche maschietto ingenuo, il che erano in parecchi quando si trattava di simili, candidi esponenti del genere femmineo.

Proseguì a non replicare e Sharise, in dubbio se si fosse protratta nel suo fare inquisitore, ripiegò su se stessa, giusto per non dimostrargli di essere prevenuta su di lui per via della sua appartenenza ad una famiglia altolocata.

«Seppure debba ammettere che anch’io non avrei rifiutato un dono simile, specie perché quest’anno sono quattro volte che la mia auto mi lascia a piedi e tuttora è dal meccanico. A proposito, può cortesemente dirmi che ore sono?»

Sebastian diede un’occhiata al suo orologio. «Quasi le dieci.»

«Oggi non la passerò liscia!» s’infervorò, strofinandosi ansiosamente la fronte.

«Non saranno clementi, suppongo» evinse lui, nell’aver percepito un considerevole disagio da quella declamazione.

«Non stavolta, visto che sto tardando a causa di un altro impiego, e non è l’unica volta che accade. Sono in collaborazione temporanea e solamente allo scadere del contratto attuale potrei essere assunta in piena regola, dovrebbero, sempre in caso non seguitassi a commettere queste sventatezze.»

«Un ritardo non può essere così preponderante, se comunque svolge bene il suo lavoro. Capiranno, ne sono sicuro» la rincuorò, stillando profusa amabilità dalla cadenza delle sue parole.

«Grazie, ma il fatto non tanto mi consola. Ce ne sono in circolazione di disegnatori migliori di me, e non ci penseranno più di due volte a sbattermi fuori per la mia inaffidabilità. Stiamo parlando della polizia, Sebastian, e per l’appunto sono dei soldati, impiantati nel rigore fino all’osso!»

A quell’ironica affermazione Sebastian diede in una calda e divertita risata, perché a conti fatti era un soldato anche lui, e sebbene svolgesse egregiamente la sua professione, non si sentiva per niente una persona di quel genere.

Ma in seguito, fulmineo, ripensò a quelle parole, anzi, ad una in particolare. Disegnatori?

«Sharise, mi perdoni se sono invadente, ma qual è precisamente il suo ruolo?» azzardò, andando dritto al sodo, ma ormai la donna si era sciolta. La sua diffidenza era abbastanza scalfita, per cui non era più presente il rischio che s’insospettisse in seguito ad una dimostrazione d’interesse in merito al lavoro che svolgeva.

«Traccio identikit, sì, se così si può dire sono un’artista, ed utilizzo materialmente le mie qualità per guadagnarmi da vivere, dato che la vedo poco probabile che qualcuno acquisti i miei lavori, perlomeno non finché sarò ancora viva!»

Sebastian s’impressionò, quella era proprio l’ultima cosa che si sarebbe aspettato di sapere, considerato che gli artisti, ordinariamente, erano dotati di un animo ipersensibile e alquanto evanescente, il totale contrario di suo fratello, un tipo assai pratico che una volta aveva perfino espresso il desiderio di divenire un tecnico informatico.

D’altra parte, però, quello sconsiderato aveva espresso numerosi desideri ma, al fine di tangibilmente conseguirli, mai messa in pratica nessuna azione determinante, puntualmente insofferente. Aveva sempre abbandonato alla seconda avversità, se non alla prima, un po’ troppo viziato a parer suo, ma in ciascun caso non era da prendersela con lui.

Dopotutto i loro genitori glielo avevano incautamente permesso, a oltranza, convinti che presto o tardi si sarebbe messo a fare l’avvocato nello studio legale del padre, finché non avevano incominciato a pressarlo per prendere una definitiva posizione.

In sostanza erano passati da un eccesso all’altro e, beh, il risultato era stato addirittura peggiore. Elargire esagerate concessioni e poi da ultimo ritrattare, non era sicuramente la strategia giusta da improntare, in particolare con un tipo come Leopold, ormai radicato nelle sue viscerali volubilità, i suoi interminabili capricci.

Sharise, dal canto suo, s’era un tantino innervosita, perché malgrado si stesse dimostrando disponibile ad approfondire la loro conoscenza, quell’uomo era ermetico al pari di una conchiglia serrata.

Ma poi meditò che ognuno deteneva il proprio carattere, e malgrado lei si fosse lasciata andare poiché per natura molto espansiva, a parte le occasioni in cui avvertiva l’esigenza di impiantare una certa distanza di sicurezza, non era detto che anche gli altri fossero come lei. O magari lui era perfino più guardingo, difficile a concedersi per rivelare qualcosa di sé ad una persona sconosciuta.

© Christine Kaminski | Vietata la riproduzione senza consenso scritto

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