LA LUCE DEL RISVEGLIO, Cap. 3

Caleb riconobbe gli incartamenti e s’irrigidì. Come faceva Colin ad esserseli procurati?

Poi il suo sguardo andò alla cassaforte, e soltanto al momento rammentò la circostanza in cui nel pomeriggio, sistemandoli con cura per custodirli ermeticamente, aveva d’improvviso udito l’arrivo di un’autovettura che s’approssimava al piazzale. E per la sopravvenuta, imperante emozione di rivedere la sua piccola Elizabeth, forse non era stato più padrone dei suoi gesti e senza rendersene conto, l’aveva lasciata schiusa.

«Papà, sto aspettando. È uno scherzo, vero?» Colin era sulle spine, ansimante ed irrequieto, esaminando il volto del padre che insisteva a non rispondergli, cosa che non faceva altro che intensificare i suoi timori. Gli stava trasformando quella sorta d’implacabile allucinazione in autentica, terrificante realtà.

«Figliolo… io…»

«Santo cielo, non è possibile…!» A questo esordio eccessivamente titubante, nientemeno destabilizzante, Colin impallidì fino al colmo e principiò a tremare, quasi a barcollare per il disumano colpo ricevuto.

«Avevo promesso a Melissa di non rivelarvelo, in nessun caso, e sono stato uno stupido, un irresponsabile, come ho fatto ad essere così disattento…» si strusse l’uomo, ricurvo su se stesso, esibendogli una espressione avvilita, affranta, nel guardare il figlio che lo fissava adirato, scosso, che stava visibilmente per perdere il controllo di sé. «Colin, sono mortificato, mi dispiace. Non avrei mai voluto che tu ne venissi a conoscenza, più di tutto in una forma così cruda e impersonale.»

«E questo pensi che mi consoli!» esplose, con una tale impetuosità, belluina, che Caleb arretrò istintivamente di un passo, vorticosamente scombussolato da quell’inaspettata deflagrazione.

Ma adagio Colin si acquietò, ed imponendosi di recuperare il suo autocontrollo, a voce sommessa ma concitata proferì: «Forse è il caso che tu mi spieghi, a questo punto.»

«Certo, penso proprio sia il caso.» Caleb ridispose il certificato di adozione nella cassaforte e la chiuse correttamente, sistemando subito dopo, con estrema attenzione il quadro sovrastante.

I due uomini rimasero per qualche istante in silenzio, faccia a faccia, e dopo un po’, sospirando Caleb avviò: «Per prima cosa devo spiegarti il motivo in base al quale avevo deciso di non rivelartelo. Non è stato naturalmente facile portare avanti una decisione così delicata, ma non volevo che tu soffrissi, insomma… sì, per essere stato abbandonato da tua madre, quando eri molto piccolo.»


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«Mia madre?» proruppe, sgranando le ciglia atterrito. «Intenderesti dire che non è Melissa? Ma che diavolo di storia è questa!»

Caleb gli appoggiò una mano sulla spalla, nel proposito di placare il più possibile la sua agitazione, e con quieta amabilità premise: «Non del tutto, ma sediamoci, così potremo parlarne con calma.»

Colin si passò una mano sulla fronte massaggiandosela con vigore, ed abbozzò un cenno affermativo con la testa. «Va bene, ti ascolto» consentì, sedendosi insieme al padre.

«La tua vera madre si chiama, o si chiamava Alexandra, e ti dico questo perché non ricevo più sue notizie da quando tu avevi sette anni, pertanto non sono al corrente se sia ancora viva. La nostra non era mai stata una relazione facile, lei era una donna fatua e assai vivace, non riusciva ad abituarsi alla vita di campagna ed io ho cercato di andarle incontro in ogni modo possibile. Le avevo anche proposto di sposarci, dato che dalla nostra relazione eri nato tu, desideravo regolarizzare la nostra unione che dapprincipio lei aveva tenuto un po’ con le pinze, convinta di non essere tagliata per il matrimonio. Sembrava, ad un certo momento, che lei ne fosse stata intenzionata, ma sciaguratamente non era così.»

Inspirò a fondo, nel rimembrare l’amara delusione provata a quel tempo, e più oltre riprese: «Da un giorno all’altro è sparita, lasciandomi soltanto una lettera dove mi chiedeva di perdonarla per quel gesto, ma si era innamorata di un chitarrista Country e voleva seguirlo nelle sue tournée in giro per l’America, essendo persuasa che fosse quella la vita adatta a lei, non era nata per fare la madre, né tanto meno la moglie. Mi disse di prendermi cura di te, a quell’epoca tu avevi poco più di tre anni, e quando nella mia vita è arrivata Melissa, lei ti ha amato come se tu fossi stato suo figlio, senza riserve né alcuna limitazione, mentre tua madre seguitava comunque a farsi viva, anche se sporadicamente, per sapere come stavi, finché non è definitivamente scomparsa.»

«Questo non mi riguarda, per me rimarrà in qualsiasi caso Melissa mia madre. Di quella donna non m’interessa» si oscurò, filtrando opimo astio dal suo timbro di voce, gli occhi vitrei e il respiro ansante, un immane rancore affiorato, divampato. «Dimmi di quel certificato di adozione, devo sapere.»

«Qualche anno dopo la dipartita di tua madre ho incontrato Melissa, era splendida, sembrava un angelo, ed era reduce da un matrimonio tormentato e burrascoso. Il marito l’aveva malmenata, pertanto lei lo aveva lasciato al tempo in cui Elizabeth era ancora in fasce, temendo per la sua incolumità, nell’atroce paura che la piccola, crescendo, avesse potuto ricevere dall’uomo lo stesso trattamento che aveva riservato a lei. Io l’ho accolta in casa mia e ci siamo innamorati, l’ho amata come un folle.»

«Vi siete sposati in quel periodo?» Colin era frastornato, non era in grado di emettere un compiuto respiro, di vedere nitidamente attorno a sé, la sua mente annebbiata, l’oscurità che stava man mano scendendo ad avvolgerlo, ad intrappolarlo, una mostruosa angoscia che stava progressivamente salendo a travolgerlo, ad annientarlo.

A volte la verità, poteva far male più di una qualunque bugia.

«Dopo un breve arco di tempo che abbiamo vissuto in questa casa le ho chiesto di sposarmi e lei, quando ha accettato, mi ha elaborato un’apprensiva richiesta, nel timore che quell’uomo potesse ricomparire, un giorno, nella vita di Elizabeth e distruggergliela.» Caleb si stava rilassando, queste rivelazioni stavano pian piano rimuovendogli di dosso quel monumentale macigno che lo aveva schiacciato per anni, all’inverso del figlio, che sentiva invece innalzarsi in sé un tumultuoso tormento, un senso di smarrimento senza pari.

«È stato allora che hai deciso di adottare Beth?»

L’uomo annuì blandamente. «Esatto, ma anche Melissa ha adottato te, e da quel giorno siamo diventati una vera famiglia, a tutti gli effetti, e siamo stati felici, davvero, ma questo tu lo sai già.»

«Non posso dire la stessa cosa per questo istante» replicò lui, in tono foscamente aspro.

«Andiamo, Colin, qualora vi avessi rivelato come stavano i fatti, non saremmo stati così felici per tutti questi anni.»

«Ah!» diruppe, senz’alcun controllo nella voce. «E invece secondo te, vivere nella menzogna ti sembra appropriato? Credi che questa falsa felicità possa risolvere ogni cosa?»

Caleb mosse il capo per dissentire, tuttavia risolutamente gli rispose: «Non lo credo, ma almeno siete cresciuti sereni.»

«Ed ora? Dio, papà, tu non ti rendi conto… Beth sta per sposarsi, come pensi che reagirebbe se venisse a conoscenza che tu non sei suo padre? Perderebbe fiducia nei suoi punti fermi, nell’esempio di famiglia che per anni gli hai propinato e che invece è una volgare messinscena… sono veramente costernato.»

E si alzò di scatto, rigido e imperversato. «Devo uscire di qui, devo andarmene» si affannò, indirizzandosi a grandi passi fino all’uscita.

«Figliolo, dove stai andando, aspetta…» Caleb paventava che potesse commettere qualche sciocchezza, non lo aveva mai visto così turbato, né ancor meno smarrire il controllo in quella maniera.

Colin si voltò verso di lui, scuro in volto, addirittura tetro. «Non preoccuparti, non le dirò nulla.»

«Sì, ma… domani sera, al ricevimento… verrai, non è così?»

A codesta domanda lui s’arrestò un momento a fissarlo, come se si fosse immerso in un’interminabile, martoriante pausa di riflessione.

«Come vuoi che possa evitarlo? Quale spiegazione potrei fornirle per un comportamento simile?» Gli diede rigidamente le spalle e prima di sparire dietro la porta del soggiorno, «Grazie, papà, non potevi farci un regalo migliore» lo biasimò, trasudando vitale risentimento dalla sua inflessione indurita, animatamente avversa.

Il padre lo osservò in silenzio andare via, senza protestare.

© Christine Kaminski | Vietata la riproduzione senza consenso scritto

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