D’UN TRATTO LEI, Cap. 3

«Salve.»

Angel, che stava impugnando una bottiglietta di birra, elevò lo sguardo sorpreso, ritrovandosi davanti una donna dal viso cordiale che gli sorrideva.

Lei allungò un braccio per stringergli forbitamente la mano. «Mi chiamo Vivian, tanto piacere. Sono un’amica di Maddy, cioè, di Madelyn.»

Lui si stupì maggiormente a questa puntualizzazione, tuttavia non favellò nulla al riguardo. Già era sufficientemente arduo ristabilirsi dal ferale urto, e parlarne adesso, lo avrebbe di certo scagliato nel caos più totale, giacché in sincera verità, non era tuttora convinto di averla incontrata, persuaso che fosse quello stramaledetto caldo a giocargli brutti scherzi, a distorcergli la realtà circostante. «Angel, molto lieto.»

«Sa, Maddy ed io abbiamo conversato a lungo di lei» partì Vivian, subito, saltando inutili convenevoli.

E stavolta Angel la scrutò stupefatto, incredulo. «Scusi?»

«Per la sua automobile» focalizzò l’altra, carenata di un fare sottilmente ammiccante. «A parte la sua piccola distrazione di non aver rifornito il radiatore di acqua, mi ha raccontato che lei la cura in un modo impeccabile, esemplare, era un vero salotto all’interno, ed è un aspetto che l’ha colpita. Maddy ha molta stima delle persone che curano le proprie auto così, voglio dire, per la pulizia e l’ordine, specialmente perché è difficile che qui da noi qualcuno lo faccia, considerata la zona un pochino terrosa in cui viviamo.»

Angel dimenò il capo, come diamine ci erano finiti a questa conversazione, e poi, che quella ragazzina lo stimasse per un particolare analogo, mentre invece non aveva fatto altro che criticarlo e sminuirlo per prette generalizzazioni, gli rinveniva assai difficoltoso da credere.

Vivian storse la bocca, avendo rilevato il mutismo meditativo dell’uomo. «Mi perdoni, non volevo essere invadente, ma sa, non ho saputo controllarmi. È davvero raro che Maddy rivolga complimenti a uno sconosciuto, soprattutto di città, ed essendo una cosa insolita, ecco, mi ha impressionata, quindi non ho potuto proprio evitare di dirlo.»

Angel la guardò sempre taciturno. Orbene, forse il caldo gli aveva dato alla testa e stava vivendo delle fervide allucinazioni.


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«La disturbo con questi discorsi?» presunse lei, dato che lui ancora non accennava nessun commento.

«Oh, no, stavo pensando ad altro, ad alcuni miei impegni che dovrei onorare l’indomani, non si preoccupi» improvvisò, con un lieve sorriso, al fine di non dimostrarsi scortese.

«Ah, meno male, perché parlando con franchezza in un posto desolato come il nostro non succede mai niente di esaltante, le storie e i fatti sono sempre gli stessi, e quando un forestiero capita da queste parti, io sono sempre molto curiosa di sapere cose nuove. Il paese è piccolo, cioè, è dispersivo e anche se ci conosciamo quasi tutti, siamo sparpagliati, insomma, non è che possiamo beneficiare di rapporti di vicinato» argomentò lei, giovialmente sorridente.

Angel la fissò speculativo, assai assorto, perché che quelle due donne fossero amiche, all’apparenza totalmente dissimili, anzi, nella lampante concretezza, lo stava seguitando a stupire. Certo, non quanto il venire a conoscenza che Madelyn avesse esternato una tale apologetica opinione di lui, perciò in un dato senso s’insospettì, nel dubbio che colei che aveva dinanzi stesse cercando di attaccare bottone, agguantare il primo uccel di bosco, per quella palese smania di uscire da queste cinquanta miglia quadrate, non propriamente allettanti per chi desiderasse conoscere il resto del mondo, abbandonando un luogo che contava suppergiù trecento abitanti.

«Sa, Maddy ha apprezzato persino il colore, una Ferrari nera è particolarmente originale. Di solito si predilige il rosso per un’auto così, quindi per lei denota una certa particolarità di carattere, insomma, è rimasta colpita» incrementò Vivian, come in una sorta di propaganda finalizzata.

«Ma davvero…» stornellò, vistosamente sardonico, iniziando ad infastidirsi che battesse insistentemente su quel chiodo. Dubitava che Madelyn avesse formulato complimenti su di lui per un semplice colore, quando gli aveva rivolto apprezzamenti non precisamente benevoli sulla sua cravatta e sulla questione che, in parole povere, fosse un tipico maschio poco cervello e tutto testosterone.

Ma evidentemente quella donna era ancor più originale di quanto avesse supposto, sempre in senso negativo, che fosse in grado di cogliere la personalità di un individuo solo da piccoli dettagli, badando un po’ troppo all’apparenza a onor del vero, poiché a quanto risultava non era un soggetto che si dilettasse nei rapporti sociali. Al contrario, era probabile che gli altri se la filassero via dopo soltanto un paio di frasi scambiate, se non era direttamente lei a liquidarli in seguito ad anzidette.

«Siete molto amiche?» s’interessò infine, spontaneamente, irrazionalmente, in pratica non se n’era accorto.

La donna annuì con un nuovo lepido sorriso. «Siamo andate a scuola insieme, o meglio, siamo cresciute insieme, e per un periodo Maddy era quasi tutti i giorni a casa nostra, però mio fratello aveva preso una grossa sbandata per lei. In verità ce l’ha tuttora, e ci siamo un poco allontanate da questo lato, visto che Buddy era diventato alquanto opprimente, sa, per non giungere a litigare, era pur sempre mio fratello, anche se non condividevo tanto il suo modo di fare.»

Lui emise un impalpabile, segreto ghigno, perché a parte la straordinaria bellezza che aveva potuto rilevare qualche minuto addietro, dubitava che un ragazzo normale potesse innamorarsi di un soggetto similare, femminista e orticante fino all’osso, laddove l’esteriorità spariva, restavano solamente fastidio e vitale fregola di mandarla all’inferno. Ammesso che il ragazzo citato lo fosse normale, dacché a ragion veduta in questo paese erano tutti strampalati, se non pazzi, dal primo all’ultimo, presumibilmente per quella calura che provocava loro degli scompensi cerebrali e ormonali.

“Ma che idiozie, Wild…” si disapprovò, tacito, era lui a non starci più con la testa, sia per l’inaudita situazione, in sostanza si sentiva perso, sensibilmente a disagio in quella inconsueta realtà, sia per le condizioni fisiche in cui si ritrovava. Aveva sempre odiato il caldo, anche assurdo, tenendo conto che per metà il suo sangue era latino, di conseguenza era geneticamente predisposto a sopportarlo.

E quel pensiero gliene fece sentire ancor di più, fu come se lo avesse istigato a boccheggiare per l’afa sia reale che ideale. Per cui, sospirando estenuato, si passò una mano tra i capelli bagnati, di nuovo madidi di sudore.

«Sente sempre parecchio caldo, non lo sopporta, vero?» lo comprese lei, adornando un’espressione bonaria.

Angel la osservò perplesso, preso al tallone. Che le due donne avessero parlato persino di quest’aspetto di lui?

© Christine Kaminski | Vietata la riproduzione senza consenso scritto

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