NOTTI STELLATE di Vincenza Giubilei

Fata Camomilla vigilava sulle piante del suo giardino da mattina a sera e, quando le stelle iniziavano a brillar nel cielo, s’incamminava felice per i prati deserti e silenziosi. Nel momento in cui l’abbraccio dell’aria la stringeva più forte a sé, decideva che il punto dove si trovava fosse quello giusto per sedersi.

Adagiandosi sul morbido cuscino d’erba, volgeva il suo sguardo in alto, dove le stelle scintillavano e la illuminavano con un bagliore che si rifletteva attorno a lei. Il suo cuore si apriva alle emozioni, così si metteva a scrivere filastrocche per i bambini insonni, trasportata in una dimensione di sogno.

Una sera le stelle non brillavano, per cui la Fata fu costretta a camminare un po’ più del solito, ma infine la luce apparve e così decise di fermarsi. Sedendosi, si accorse di essere finita in un campo di quadrifogli, luccicanti del loro verde incantato.

Chissà quante persone sarebbero state felici di trovarne anche uno solo… mentre lei ne aveva davanti e intorno una infinita distesa. Quella sicuramente era una serata speciale, nella quale osservare qualunque dettaglio del panorama, e semmai ricavarne splendide rime per i bimbi.

La luce delle stelle splendeva sulle foglie a forma di cuore, che sembravano sorriderle. Ma lei aveva timore anche solamente di toccarle, figurarsi se avrebbe osato carpire dal terreno anche un unico quadrifoglio.

Avvertì un fruscio che la intimorì. Forse stava avvicinandosi un animale notturno, oppure era un serpente? Meglio rimanere ferma, piuttosto che provocare una pessima reazione da chicchessia.

Con lauta sorpresa, vide spuntare invece un piccolo uomo, dall’aspetto tranquillo, che appena si accorse della sua presenza le sorrise: «Buonasera, bella fanciulla, cosa fai in questo bel campo di quadrifogli?»

Anche lei gli sorrise. «Io guardo le stelle, piccolo uomo, e tu?»

«Io sono condannato a camminare nel buio, per una maledizione che mi ha lanciato una Strega cattiva» sospirò tenue.

«Quale maledizione, piccolo uomo?» domandò dolcemente.


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«Posso camminare soltanto quando le stelle risplendono in cielo, mentre se c’è il sole io divento di pietra, ed anche il mio cuore. Speravo tanto di incontrare qualcuno nelle mie passeggiate, e finché non ti ho parlato credevo che fossi un’allucinazione» le spiegò con molta pacatezza.

Fata Camomilla sorrise ancora. «No, mio nuovo amico, sono davvero qui. Vuoi sederti accanto a me, a guardar le stelle?»

«Mi piacerebbe, ma io sono immobile tutto il giorno, quindi la notte desidero camminare» egli rifiutò ma con garbo.

«Ti capisco, immagino quanto sia terribile essere di pietra e non potersi muovere» ammise lei annuendo.

«Sì, ma non solo il mio corpo lo è, anche i miei pensieri e i sentimenti sprofondano in una cappa soporifera, e si risvegliano solo grazie a una pozione che mi ha regalato uno Gnomo che si è impietosito guardandomi pietrificato, un giorno in cui il sole quasi faceva aprire la terra.»

La Fata lo fissava interdetta, non le era tanto chiaro il discorso e lui se ne avvide.

«Devo spiegarmi meglio, è vero. Perdonami se non riesco ad esprimere pensieri ordinati, ma non sono abituato a dialogare, le mie ore si alternano tra immobilità e passeggiate di liberazione.»

«Io invece di giorno veglio sulle mie piante, e di notte guardo le stelle e scrivo filastrocche.»

«Come ti chiami?» s’incuriosì, data la particolare occupazione della Fata.

«Fata Camomilla, e tu?»

«Io sono destinato a chiamarmi Marmoreo, fino a quando non si scioglierà la maledizione. Ma ora camminiamo, ti prego» la incitò, non ne poteva più di star fermo.

Fata Camomilla si alzò volentieri, giacché era curiosa di ascoltare la storia di quel suo nuovo amico. «Dove mi vuoi portare, Marmoreo?»

«Voglio farti vedere la bellezza del mare quando la Luna si riflette sulle sue onde.»

La Fata lo guardò perplessa. «Come? Da un campo di quadrifogli vorresti arrivare al mare?»

«Io vorrei percorrere molta strada insieme a te…» Gli occhi di Marmoreo scintillavano di speranza.

«Ma come potremmo? Appena sorgerà il sole io sarò dai miei fiori, e tu a sudar immobile nella posizione in cui ti troverai.»

«Allora ci troveremo ogni sera nel punto esatto dove ci saremo lasciati» le propose con gentilezza.

Fata Camomilla sentiva che il cuore di Marmoreo era colmo di bontà, tuttavia lei non aveva il potere di leggergli dentro per capire cosa potesse aver causato l’ira della Strega cattiva. Per riparare il danno sì, ma questo avrebbe avuto un prezzo: il raggiungimento di un nuovo equilibrio avrebbe spostato energie, in qualche verso, e per compensazione Fata Camomilla avrebbe potuto perdere qualcosa.

Eppure non se ne preoccupava, perché il suo cuore le diceva che doveva aiutare Marmoreo. Perciò, come lei curava con amore i suoi fiori, sotto il sole e la pioggia ogni giorno per diffondere serenità nel mondo, sarebbe stata capace di compiere anche quest’altro miracolo.

© Christine Kaminski | Vietata la riproduzione senza consenso scritto

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