LO GNOMINO DELLA TERRA INCANTATA di Antonella Pece

Fu così che, sotto lo sguardo ancor più sbalordito del giovane, si udì come un click e la serratura dello scrigno fu liberata.

«Ecco, prendi, Cavaliere.» Madre Natura gli consegnò una chiave. «Se ben ricordi, questa chiave l’ho fatta costruire a te, come ogni prezioso che ora diventerà di tua proprietà. Apri, apri lo scrigno, Cavaliere.»

Sempre intorpidito, egli mosse lenti passi in direzione del tesoro, si accucciò ed infilò la chiave.

Un boato di luce e di meraviglie fuoriuscì dallo scrigno, erano tutti i tesori che lui aveva fabbricato in centinaia di anni, ogni sorta di suppellettile, di gioiello, tutti lavori che gli erano stati commissionati da Madre Natura.

«Ora, Cavaliere, guarda meglio.»

Il giovane aguzzò la vista e, mirabilia su mirabilia, vide comparire d’improvviso una leggiadra figura, proprio dallo scrigno, lunghi ed ondulati capelli neri che risaltavano prepotenti da quella luce bianca e giallastra che esplodeva di luminosità e di guizzi scintillanti.

Il Cavaliere ne rimase estasiato, mai aveva visto una bellezza così luminescente, una cotal armonia di lineamenti in un’umana creatura.

«Ella è la tua sposa» lo risvegliò Madre Natura, con un sorriso compiaciuto.

«Come…?»

«Cavaliere, tanto tempo fa, che tu non puoi rammentare, eri padrone di questa Terra, ed avevi reso schiavi tutti i suoi abitanti.»


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«Ma… io non lo ricordo» farfugliò, sconcertato da questa nuova notizia.

«Con un incantesimo è stata desertificata la tua memoria, dopo essere stato trasformato in Gnomo. È stata la tua punizione.»

Egli non comprendeva. Perché trasformarlo anziché affidarlo alle ali della morte?

Madre Natura intuiva le sue tacite domande, e prima che potesse proferir sillaba dichiarò: «Il tuo cuore era puro, era sempre stato puro, quindi mi sono opposta io stessa al tuo esilio nel Regno della Notte, ho fatto un patto con le Forze del Cielo, che se nei tuoi cinquecento anni di vita non avessi ritrovato l’essenza della tua anima, ti avrei alfine ceduto alle braccia delle Tenebre. Ma ero sicura che non mi avresti delusa.»

«Cosa ho fatto di così grave? Ero cattivo?» si dispiacque, facendo un sospiro.

«Eri crudele, e spietato. Ma la tua crudeltà proveniva da un sortilegio, ti eri donato alle Forze del Maligno per riottenere il tuo Amore. In fondo, tanti privilegi avevi reso a questa Terra, alla Natura, i fiori, onorando il mio nome. E le tue gesta malvagie erano soltanto il frutto del tuo dolore, per Amore.»

«È lei?» domandò sommessamente, guardando la splendida Dama ancora attorniata da bagliori d’oro.

«È lei» annuì sorridendo. «Morì di parto dando alla luce il tuo primogenito, il tuo erede.»

«E mio figlio dov’è?» Un crampo gli tagliò lo stomaco.

«Lo affidasti ad una Gilda di Maghi Neri, in cambio della tua Regina.»

«Regina…? Mi stai dicendo che… ero Re?»

Madre Natura annuì ancora. «Ora, non potrai più essere Re, questo privilegio non ti è più concesso, questo è il negoziato. Perché, anche se in questi secoli hai ritrovato te stesso, il tuo cuore e la tua anima, di più non posso fare. Sarai protettore e combattente, sarai servitore del tuo popolo, eterno Cavaliere della Terra Incantata.»

«Oh, Madre! Ma è già tanto, tantissimo! Ed io non sono degno del tuo grande cuore, della lotta che hai per me intrapreso contro le Forze dell’Universo. Merito di restare Gnomino, sempre e per sempre…»

«Ecco, era questo che volevo udire.» Un nugolo di potente luce abbacinante invase la caverna che come per Magia, scomparve insieme a tutte le sue pareti per lasciare il posto ad una enorme distesa verde, sui cui da lontano si stagliava un castello.

«Ora va’, prendi la tua sposa per mano e ritorna al tuo castello, Maestà.»

«Maestà…» rifece il giovane. «Vuoi dire che…?»

Come risposta, Madre Natura lanciò un cenno alla Fatina ancora lì presente, che con un luccichìo intenso proveniente dalla sua bacchetta, fece apparire sulla testa del giovane una magnifica corona d’oro.

Il giovane Re non fu in sé dalla gioia, per l’immenso regalo di Madre Natura, tuttavia un incisivo tormento ombreggiò quella sua ritrovata felicità. «E il bimbo? Non tornerà più con noi, vero?»

«Voltati.»

Egli non capiva, soprattutto dove voltarsi, ma un dubbio lo avventò e guardò in direzione dell’Elfo.

«Sì, mio giovane Re, il tuo erede ha avuto sorte migliore della tua. Anziché perire è stato tramutato in Elfo, ma non crucciarti, è stato l’unico modo per sottrarlo alle mani del Maligno, null’altro si poteva fare e null’altro si può fare. Lui è felice con la sua gente, e non ti porta alcun rancore. Il suo Destino, è differente dal tuo.»

Il Re fissò il figlio, tacitamente implorante affinché costui desse conferma di quanto stesse sostenendo Madre Natura e, senza pronunciar parola, con un largo sorriso l’Elfo gli si fece vicino e lo abbracciò.

Il volto del giovane Re fu inondato dalle lacrime, mentre il figlio gli dichiarava: «Padre, torna al tuo castello e governa con saggezza, dài un erede al tuo popolo e fa sì che lo amino. Io tornerò nella foresta, tra le mie genti, e canterò e narrerò del grande cuore di un piccolo Gnomo.»


© Christine Kaminski | Vietata la riproduzione senza consenso scritto

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