LE FATINE DI LAGOLE di Giovanna Vigilanti

Questa storia ha inizio tanto tempo fa, quando ancora le montagne erano poco popolate, a causa delle asperità dei luoghi e la rigidità del clima nei mesi invernali.

All’epoca, dove ora sorgono bei paeselli con tante casette dal tetto a punta, vi erano soltanto poche capanne fra maestose montagne, laghi, ruscelli e boschi rigogliosi, in cui vagabondavano liberamente i Folletti e regnavano indisturbate le Fate.

Il luogo preferito da questi spiritelli si diceva essere Lagole, una graziosa località alle pendici del Monte Tranego, dove zampillava una cascatella che confluiva nel bellissimo laghetto a valle. Tra le sue fredde e cristalline acque trovavano riparo tanti pesci e rane che, durante le tiepide sere d’estate, gracidavano alla pallida Luna.

Gli anziani del posto conoscevano bene le sconfinate potenzialità di questa magica località e ne tramandavano la storia di padre in figlio. Questi erano soliti narrare che le Fate avevano scelto questo luogo incantato per dispensare i propri favori a chi ne facesse richiesta e che ne fosse meritevole, devolvendo alle acque del lago proprietà magiche e curative.

Le Fate dimoravano negli abeti del bosco, attingendovi energia una volta all’anno, in un giorno segreto che solamente esse conoscevano. Per ringraziare il bosco, con la loro magia avevano fatto sì che gli abeti non perdessero i loro aghi in inverno, ma al contrario rimanessero sempre verdi.

Creature esili dalle forme delicate, le Fatine avevano belle ali azzurre e capelli che effondevano una luce dorata. Le loro vesti erano ricavate dalle foglie di nocciolo di cui la zona abbondava, e con il loro carattere dolce e gentile erano sempre pronte a dare aiuto alle persone che si recavano a Lagole, al laghetto incantato, per esprimere i propri desideri, confidare i propri problemi, oppure perché avevano bisogno di cure. Non si rendevano però visibili a tutti, bensì soltanto a coloro che avevano un cuore puro e sincero. Ma, inevitabilmente, anche in questo luogo le cose cambiarono…

Poco lontano dal laghetto, sorgeva un paesello dove viveva un taglialegna di nome Bernardo. L’uomo amava Lagole e i boschi circostanti e li rispettava a tal punto da non abbattere mai gli alberi sani, infatti egli si limitava a raccoglierne i rami spezzati caduti a terra, durante le nevicate, o a tagliare gli alberi ormai moribondi, ma al loro posto sotterrava una manciata di semi, per mantenere il bosco sempre vivo e rigoglioso. Le Fatine, che lo osservavano in silenzio senza farsi scorgere, erano immensamente soddisfatte di lui e si auguravano che quell’uomo seguitasse sempre a prendersi cura della foresta.

Un bel giorno a Bernardo nacque una bambina, che però rimase subito orfana di madre, poiché questa perì dandola alla luce. L’uomo era disperato per la perdita della moglie e non sapeva come fare per crescere la figlia, non aveva tanto da darle e non sapeva neanche come accudirla. Tutte le notti si recava al laghetto per chiedere alle Fate di dargli la forza per andare avanti, e fu proprio grazie alle Fatine di Lagole e all’amore per la sua figlioletta che trovò il giusto spirito per continuare.

La piccola StellaAlpina, così si chiamava, era una bambina molto vivace e buona, che ascoltava con estrema attenzione ciò che il padre le insegnava. Imparò, come prima cosa, a rispettare i boschi e i suoi centenari abitanti, ma specialmente ad amare e a salvaguardare Lagole e le sue Fatine. Queste, che potevano sentire quanto amore StellaAlpina nutrisse per quei luoghi, decisero di vegliare per sempre su di lei e su suo padre.

Una sera, rientrando dalla sua solita passeggiata, Bernardo vide la sua capanna illuminata da una splendida luce dorata e, allorché vi entrò, ne rimase quasi abbagliato. Di fronte a sé, era presente una Fatina tutta scintillante che recava in mano un cofanetto fluorescente.


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L’uomo rimase senza parole per la sorpresa e, dopo essersi più o meno ripreso, le domandò come mai quello splendido Essere di Luce fosse venuto proprio nella sua umile dimora.

«Sono una delle Fatine di Lagole, il laghetto a cui hai affidato i tuoi desideri e le tue preoccupazioni» rispose la creaturina con un tenero sorriso dipinto sul suo bel visetto. «Tu hai chiesto aiuto e il tuo buon cuore ha colpito la Fata del Lago, la nostra Regina, che mi ha inviata in tuo soccorso. Se apri il cofanetto, troverai tre foglie dorate provenienti dagli alberi del lago: ognuna di queste rappresenta un dono che la nostra Regina ha voluto fare a te e alla tua bambina, sono tre chiavi magiche che ti potranno aprire le porte alla ricchezza, al potere e all’amore. Questi possono essere doni notevolmente utili se dosati con la giusta cautela, ma principalmente se utilizzati a fin di bene, pertanto dimostrati un brav’uomo e fanne buon uso, altrimenti le tenebre caleranno sulle montagne, causando la morte di tutte le creature dei boschi.» Detto questo scomparve, lasciando nell’oscurità la casa del taglialegna.

La mattina seguente Bernardo si alzò di buonora per andare a lavorare e, mentre lavorava, pensava se la sera precedente non avesse semplicemente vissuto un sogno ad occhi aperti.

Quando dopo una lunga e faticosa giornata rientrò a casa e rivide il cofanetto offertogli dalla Fata, i suoi dubbi svanirono. “D’ora in avanti la mia vita sarà più serena, perché se avrò bisogno di aiuto saprò cosa fare” pensava con la serenità nel cuore. Da allora le giornate trascorsero tranquille, e l’uomo decise di nascondere le chiavi finché non avesse potuto farne dono alla figlia.

StellaAlpina intanto cresceva, diventava una ragazzina sempre più brava e riguardosa verso gli altri e la Natura, aiutando il padre a prendersi cura di Lagole e dei suoi abitanti. Le Fatine vegliavano continuamente su StellaAlpina e si compiacevano di come crescesse pura di cuore e rispettosa di Lagole.

© Christine Kaminski | Vietata la riproduzione senza consenso scritto

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