LA STORIA DEL SIGNOR CEDRO di Daniela Ferraro Pozzer

La Fata dell’Estate avanzava luminosa e le cose non cambiarono, il sole batteva sui mattoni di cotto del giardino di città e carezzevoli fontanelle simulavano, sempre alla stessa ora, una pioggia artificiale e senza poesia. Questo piaceva molto a Mister Merlo, che ne approfittava talvolta per farsi una doccia rinfrescante.

Tutto ciò finché un giorno, nel bosco lontano, il Folletto della Casualità non fu in procinto di vivere una delle sue catastrofiche disavventure.

Aveva scoperto che la sua piccola giubba verde e rossa riportava un sostanzioso strappo sulla manica e così, la notte stessa, chiese alla sua armoniosa e rotonda amica: «Fata Luna, per favore, mi presti uno dei tuoi aghi d’argento?»

«Certo, anzi, te lo regalo. Vedi? Brilla nel buio…» sorrise lei allungandogli un sottile raggio, e ne spezzò la punta per porgergliela.

Il Folletto era talmente contento che iniziò a saltellare fra le stelle lucenti, sulle bianche e soffici nuvole che riposavano nel cielo, e in seguito prese a lanciarsi con le braccia spalancate dall’una all’altra… fino a che l’ago, cadendogli di mano, non andò ad infilarsi proprio nella più densa ed opulenta di quelle nuvole, che si accese come un lampo.

Per la Signora Quercia non ci fu scampo: il fulmine ne colse il lato destro, proprio quello rivolto verso il Signor Cedro che, colpito lateralmente da un pesante ramo bruciato, non riuscì ad aggrapparsi al suolo e cadde sradicandosi rovinosamente. Nella notte colarono addolorate lacrime di linfa e pigne.

«Mi occorre del terriccio nuovo, quel merlo faccia tosta mi getta fuori tutta la terra dai vasi!» si stava lamentando un giorno la giardiniera.

«Domani andrò nel bosco, se vuoi te ne prenderò un po’, è roba sana e senza additivi!» le propose allora un’allegra voce che aveva udito la sua lamentela. Era un altro inquilino del suo palazzo, impegnato come lei nella cura del proprio giardino, ricco di calendule e tulipani gialli.

«Grazie, sei sempre adorabile» cinguettò la donna rasserenata. «Voglio piantare delle patate: le avevo acquistate per farle al forno ma non le ho cotte tutte, ed ora quelle rimaste sono germogliate nel sacchetto, poverine!» E rise, prendendosi in giro da sé. Anche l’altra voce rise.

Dopo un paio di giorni, un bel vaso nuovo pieno di patate pronte a vivere, aveva occupato la seconda fila dell’orto in quella parte di giardino di città. Naturalmente, l’ultimo arrivo non era sfuggito al grasso Mister Merlo che, trascorso qualche giorno, andò sfrontatamente a pesca proprio lì e combinò, come sempre, un abbondante caos rimestando terra e piante.


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E fu così, che la giardiniera si trovò a sistemare di nuovo e diversamente il vaso, aggiungendo ulteriore terra presa dal bosco, ma in quella terra era caduta una pigna e in quella pigna c’era il Signor Cedro dormiente.

Un anno trascorse. La Fata dell’Autunno, profumata di terra umida e di more, aveva appena salutato il bosco per lasciare spazio alla nuova stagione, quando la Signora Quercia si accorse del Signor Cedro: era in un vasetto fra le mani di una donna che camminava nel bosco, piccolissimo, ma era tornato… finalmente!

«Che ne dici se lo ripiantiamo qui? Guarda, c’è abbastanza spazio e luce, forse c’era un albero fino a poco tempo fa, visto che il sottobosco mi sembra troppo poco fitto in questo punto. Cosa te ne pare, Tom?» la sentì chiedere all’uomo sorridente che le era accanto e, nel parlare, quella donna sollevò le braccia verso il cielo come per dimostrargli che in quel luogo il piccolo cedro, nato nel suo giardino, avrebbe potuto vivere bene.

«Sì, sì, qui starà benissimo… e poi c’è anche una grande quercia a fargli compagnia! Il cedrino crescerà perfettamente in questo tipo di terreno, e credo sia proprio lo stesso che presi l’anno scorso per te, a causa di quei problemini col merlo “invadente”, ricordi?»

«Ah, certo… è così che ci siamo conosciuti!» rise lei e, guardando il germoglio con tenerezza aggiunse: «Magari è proprio da qui che viene, ed ora lo stiamo riportando a casa.»

Quella notte, una vocetta squillante esordì: «Bentrovata, Signora Quercia, come sta?» Il gelido inverno era alle porte, ma la terra era ancora tiepida e le minuscole radici del cedro si stiracchiavano fra le zolle smosse.

«Oh, Signor Cedro, ma allora siete veramente voi! Non osavo rivolgervi la parola né chiedere del vostro evidente… mutamento! Che piacere rivedervi, una gioia insperata. Avrei voluto tanto scusarmi per il tragico evento accaduto… quel ramo vi colpì con una tale spietatezza!» rombò la grande chioma.

«Ma figuratevi, non avreste potuto evitarlo. Non fu colpa vostra, affatto.»

«E dite, dite… com’è stato il vostro viaggio? Cosa c’è giù, oltre il pendio della collina?» fremeva di sapere la Signora Quercia.

«Oh, mia cara, avremo molto tempo per parlarne, anni e stagioni spero… ho visto cose davvero bizzarre, credetemi, ma vi assicuro che adesso mi sento come rinnovato, arricchito, ricolmo di nuove speranze… e, permettetemi, ritengo che non farebbe male neanche a voi lasciar rotolare giù dalla nostra collina qualche ghianda, di tanto in tanto…»

Il vento freddo dell’inverno soffiò delicatamente, ed un piacevole brivido scosse le foglie scure della grande quercia. Il Folletto della Casualità dormiva fra i suoi rami, sognando aghi d’argento e nuovi boschi rigogliosi nati dalle infinite possibilità, e neanche si accorse delle scintille di Magia che danzavano intorno a lui, allargandosi pian piano nell’aria fino a raggiungere le stelle, per festeggiare un improbabile incontrarsi di nuovo… e le magiche occasioni, che la Vita sa cogliere.


© Christine Kaminski | Vietata la riproduzione senza consenso scritto

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