LA PRINCIPESSA DELLE LUCCIOLE di Delia Fantino

Grazie alla sua lampada, la Fata era venuta a conoscenza che il Principe avrebbe dovuto lottare con il crudele Re Anatolio, lei lo conosceva bene, sapeva che non era un Re, era solo un Mago malvagio che, con l’inganno e la sua nera magia, si era impossessato del Regno della Pietra Fatata… il suo Regno! Sì, il Regno di Tregan era in realtà il Regno della Fata, il brutto Mago lo aveva fatto diventare buio e tetro con un incantesimo all’epoca in cui la Fata Velia era ancora piccina, uccidendo il Re e la Regina, i suoi genitori. Lei si era salvata fuggendo in groppa al cane Amlach, il quale non era altro che il suo fratello minore, trasformato dal Mago per appropriarsi di tutti i tesori della loro stirpe. Su di lei la Magia non era riuscita ad agire perché era stata benedetta, nata e vissuta con le Fate del Bosco che le avevano conferito diversi poteri, facendola diventare una vera Fata.

Ma, attraverso il coraggio e il valore del Principe Cabir, la Fata capì che era giunto il momento della rivincita sul Mago Anatolio. Prese quindi la lampada, la lanciò nel fuoco del camino e pronunciò le seguenti parole magiche: «Avim poterum corpus  manum.» E, magicamente, ne uscì una palla di fuoco dai mille colori: era la sfera magica per Cabir, che lo avrebbe dotato di poteri straordinari.

Quando al mattino il Principe si svegliò, Velia gli svelò il suo segreto e gliela consegnò. Cabir le promise che avrebbe fatto di tutto per ridarle il Regno della Pietra Fatata, e le domandò dove fosse questo Mago cattivo per andare a distruggerlo. Le chiese inoltre il permesso di portare con sé il suo cane, scoprendo quindi che era suo fratello. La Fata lo lasciò andare volentieri perché Amlach lo avrebbe guidato fino al Mago Anatolio, con la speranza di rompere l’incantesimo per far ritornare il suo amato fratellino. Così Cabir, con in mano la palla di fuoco magica e il fedele cane, s’incamminò all’avventura.

Intanto il Re Mago Anatolio, soddisfatto e raggiante per le sue future nozze, stava finendo di costruire i regali a sorpresa da portare al Re Romualdo e alla sua futura sposa. Per il Re stava forgiando una grande pietra di diamante a forma di stella a cinque punte che si apriva a metà, con dentro un vapore velenoso che, se aspirato, uccideva. Per Miriam invece aveva preparato una deliziosa bambola, con un vestitino dorato e ricolmo di gemme colorate, che al posto degli occhi aveva due piccole sfere magiche che l’avrebbero ipnotizzata al volere del Mago. Anatolio voleva eliminare il Re per impadronirsi delle sue ricchezze e poi, sposando la Principessa, sarebbe diventato il padrone assoluto di tutto il Regno di Chezlauter.

Ormai pronto alla partenza, mancavano solo due giorni a Natale, il Mago consultò la sua sfera magica per vedere cosa Miriam stesse facendo. Sorpreso e interdetto, vide il bel tappeto che con gioia la fanciulla stava terminando di tessere, ricamando in fondo un cuore con all’interno una dedica: “Miriam a Cabir per sempre”.

Traboccante di collera, il Mago urlò alla sfera magica: «Mostrami chi è questo Cabir!» Ed ecco l’immagine, ben chiara del Principe che si trovava ormai vicino al suo Regno, sopra una barca con un cane.

Subito escogitò una trappola, seguendo passo per passo il suo cammino, sempre con l’aiuto della sfera magica. Così Cabir, all’oscuro del suo destino, remava sempre più veloce verso la Grande Roccia.

Giunto che fu ai piedi della roccia, era scesa la notte e Cabir decise di aspettare la mattina per agire. Trovò un rifugio per riposarsi e il fedele cane si coricò ai suoi piedi per fargli da guardia.

Il mattino furono svegliati da un corvo nero che gracchiava su di loro e il cane, che sapeva dove si trovava la stanza del Mago Anatolio, tirò per il mantello il Principe fino alla porta del castello che inaspettatamente si aprì. Non c’era nessuno e Cabir, con in mano la sfera si guardava intorno temendo qualche brutta sorpresa del Mago.

Amlach si fece seguire lungo un corridoio che attraversava il castello e, alla fine di questo, all’improvviso lampeggiò un bagliore accecante: il Mago lo stava aspettando. Cabir coprì i suoi occhi con la sfera perché un altro bagliore più forte lo invase, mentre il cane cominciava ad abbaiare giacché aveva avvertito il pericolo. Cabir capì di essere caduto in una trappola, ma non aveva paura!


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Il Mago apparve dinanzi a lui e gli scaraventò contro un vorticante globo di fuoco, ma Cabir lo neutralizzò con la sfera magica della Fata. Allora un corvo grosso e nero, fulmineo si avventò sul Principe e gli sequestrò l’oggetto magico portandolo al suo padrone. Il cane cercò di avventarsi sul Mago ma fu immediatamente pietrificato con un incantesimo.

Cabir era solo e senza alcun aiuto, tuttavia avanzò ugualmente, temerario, anche se il Mago ebbe la meglio, avendo a disposizione le sue magie, al contrario di lui.

«La Principessa Miriam non sarà mai tua sposa, è in mio  potere. Che scenda su di te la notte perenne!» lo maledisse il Mago e, pronunciando le parole magiche Lucim phofphoros, lo rese cieco. Lo portò sulla torre più alta del suo castello e lo rinchiuse con il suo cane di pietra, dicendogli che non lo avrebbe ucciso perché l’indomani avrebbe sposato la Principessa Miriam ed era troppo felice. Povero Cabir, pianse lacrime d’amore, era disperato.

Il giorno seguente Anatolio partì contento per il Regno di Chezlauter con i suoi doni. Lo accolse il Re Romualdo, curioso e spensierato, non sapendo chi fosse veramente Anatolio. Chiamò tutti i cortigiani per accogliere l’ospite d’onore, il palazzo era illuminato a festa per Natale e per la cerimonia del fidanzamento.

Miriam si era alzata presto quella mattina, era tanto felice perché di lì a poco sarebbe arrivato il suo bel Principe, e si mise a contemplare il suo splendido tappeto, pensava alla sua mamma, a come sarebbe stato bello averla lì con sé.

Le venne in mente il mantello fatato e volle provare, era Natale e chissà, se esprimendo questo desiderio si sarebbe avverato… Dunque pensò: “Vorrei che la mia mamma, anche per un solo giorno, fosse qui.” Indossò il mantello e… desiderio esaudito!

Avvolta da una nuvola d’argento, comparve un’eterea figura che dolcemente le disse: «Miriam, tesoro mio, sono la tua mamma, guarda con il tuo amore, soltanto grazie al tuo amore per un giorno sono qui.»

© Christine Kaminski | Vietata la riproduzione senza consenso scritto

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