LA FORESTA MAGICA di Alessia Marconi

Caddi, ma per fortuna il rumore fu attutito dall’erba del praticello verde del giardino. Rimasi comunque ferma, per avere certezza che nessuno mi avesse udita, qualche minuto prima di incamminarmi verso la casetta della nonna.

Ed ecco la parte più difficile… attraversare il sentiero alberato. Non ero una fifona, in effetti non lo sono mai stata, ma logicamente a quell’età si ha molta più paura dell’ignoto, di ciò che può accadere se te ne vai in giro per il bosco di notte. Poi, ovviamente, le favole che ti raccontano da bambino sono abbastanza inquietanti, sui mostri che possono abitare in una foresta. Ed infatti era questo che mi faceva un po’ paura, non l’ignoto, bensì qualche animale notturno che avrebbe potuto aggredirmi.

Mentre tutta curva e ritratta su me stessa procedevo per il sentiero, accartocciate le mie braccine sul petto a mo’ di difesa guardandomi ripetutamente intorno per essere preparata a qualsiasi eventualità, ovvero darmela a gambe se un animale selvatico mi avesse presa come obbiettivo, all’improvviso scorsi dinanzi a me una specie di palla nebulosa, per intenderci, come una nuvola in miniatura, ma densa, con i contorni quasi netti. Era sospesa a mezz’aria, a qualche passo da me, ferma, come se fosse in attesa.

Giustamente il primo impulso fu quello di filarmela, ma in seguito mi ammonii, visto che in pratica ero lì per questo, per conoscere le entità con cui parlava la mia cara nonnina. Sempre che fosse una di quelle.

Non si sapeva difatti di quale origine fosse, se benevola o maligna, ma dovetti rischiare. Perciò, molto guardinga mi avvicinai, assai lentamente, guardandola con attenzione per vedere se mutasse forma, se comparisse qualche dettaglio, una bocca, un paio d’occhi… ma no, era fissa, immota, sembrava un disegno.

Giunta ad un passo, allungai la manina per toccarla, era troppo potente l’impulso e non lo seppi frenare, però, ad un centimetro che mancava per toccarla improvvisamente si dissolse, come in una piccola esplosione.

Aggrottai la fronte, guardai a destra e poi a sinistra per cercarla, poi in alto e poi dietro di me. Niente addirittura. “Boh…” pensai, e mi stropicciai gli occhi. Forse il sonno si faceva sentire, effettivamente di solito a quell’ora già dormivo da ore.

Feci spallucce e ripresi il cammino, quel singolare incontro mi aveva incoraggiata e tolta un bel po’ di paura, mi sentivo pronta, o piuttosto, era come se mi sentissi protetta.

Decisi allora, di non tornare alla casetta della nonna, d’altronde nulla vi avevamo trovato e probabilmente nulla vi avrei trovato, quindi, per non perdere tempo con il rischio che la mamma ed il papà si accorgessero della mia assenza e scatenassero un putiferio per trovarmi, rischiando così di far scappare qualunque altra creatura che avesse miracolosamente deciso di mostrarsi a me, mi addentrai nel bosco, il famoso boschetto di cui vi ho parlato all’inizio.

Vidi di nuovo quella nuvoletta, come se mi stesse facendo strada. La seguii.


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Civette a parte e versi strani di chissà quali animali sconosciuti, sentivo da lontano il dolce rumore del ruscelletto, amplificato dal silenzio della notte, ed in un certo senso mi rilassò, dopotutto ero a diretto contatto con la Natura, amavo ed amo la Natura, perciò che male avrebbe potuto farmi? Pensavo… nella mia totale ingenuità di bimba.

Cosicché, presi confidenza con il passo, iniziai a camminare con la schiena dritta, le braccia libere sui fianchi ed il volto sollevato, ammirando con stupore la bellezza della notte, finché, sempre con un occhio fisso su quella nuvoletta per non perderla di vista, senza accorgermene arrivai al lago.

Mai prima d’ora lo avevo visto, me ne avevano parlato su al paese ma mai nessuno aveva voluto portarmici. Non era molto grande e non era poi così pericoloso come forse avevano voluto darmi ad intendere, ed anzi il gracidare delle rane era anche assai divertente. Mi sedetti su un grosso masso a bordo lago per osservare i movimenti della superficie dell’acqua, i guizzi ed i saltelli, lucciole e libellule che libravano tutto intorno… era uno spettacolo davvero delizioso.

Inspirai profondamente, sentii una così grande pace… ma alla svelta mi scossi. Diamine, ero qui per sapere della mia nonnina e non potevo certo perdere tempo in questo mio diletto.

Sicché, stavo per tirarmi su, che vidi apparire di fronte a me, ad un palmo di naso, una lucina fosforescente che, come impazzita, vorticava senza posa. Di primo acchito pensai ad una lucciola ma poi, osservandola con attenzione, mi resi conto che non poteva essere un insetto, era traslucida, si poteva guardare attraverso. Era solo luce e nulla di più.

Continuava a vorticare dinanzi ai miei occhi e ci feci quasi l’abitudine, come se fosse una cosa normale.

Feci una smorfietta e girai le spalle per dirigermi di nuovo verso il sentiero, quando, incredibilmente, sentii una vocina che trillante affermava: «Sei nel posto giusto.»

Di scatto mi voltai, oltremodo pietrificata, cercando affannosamente con gli occhi la creatura che aveva parlato. Ma non era una creatura, era quella lucina, che turbinandomi intorno così veloce da farmi quasi girare la testa canterellò: «Sei arrivata.»

© Christine Kaminski | Vietata la riproduzione senza consenso scritto

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