LA DAMA BIANCA di Emanuela Marchesano

La parete di roccia era scivolosa, e le mani intorpidite dal freddo dello scalatore faticavano a trovare una presa. Perché diavolo si era cimentato in quell’avventura? Nel pomeriggio, la montagna gli era sembrata così bella, così invitante…

«Faccio solo un’arrampicata veloce» si era detto. «Sarò a valle prima che faccia buio.» Invece la luce stava scemando rapidamente e lui era sempre lì, bloccato su quella parete infida. Conosceva abbastanza bene la montagna per capire di essere in pericolo.

Abbassò la testa, cercando di raggranellare almeno un briciolo di fiducia, se non altro sufficiente per raggiungere un qualche punto sicuro, dove poter recuperare le forze e pensare lucidamente.

Fu allora che un bagliore lo accecò.

“Sicuramente il riflesso del sole calante su qualche ghiacciaio” pensò.

Poi un movimento leggero ma potente, come una folata di vento. Lo scalatore si sentì sollevare e trasportare, si sforzò di socchiudere gli occhi, ma di nuovo fu abbagliato.

Fu deposto delicatamente su un prato.

Il sole era tramontato quasi del tutto. Il bagliore cristallino pareva allontanarsi. Socchiuse nuovamente gli occhi e quel che distinse fu una figura luminosa di donna, vestita da un abito bianco scintillante, i lunghi capelli biondi sciolti sulle spalle, che scompariva dietro una roccia come se scivolasse sul terreno.

In quel momento l’oscurità scese sulla valle.

Rialzatosi, lo scalatore si guardò intorno, si orientò grazie alle sagome dei monti e si diresse verso casa.

I suoi due figli gli corsero incontro allorché egli rientrò, e sua moglie abbracciandolo gli disse: «Ero in pensiero, non vedendoti tornare. Dove sei stato?»


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«A fare due passi» mentì lui brusco, prima di sedersi a cenare.

Da quel giorno, lo scalatore iniziò a pensare alla Dama Bianca, pensava ininterrottamente a lei, a come ritrovarla, a come dimostrarle la sua gratitudine per avergli salvato la vita. Trascorreva sempre più ore in montagna, giornate intere, cercando su ogni parete di roccia, in ogni prato, dietro ad ogni masso.

Ma, più il suo cuore si colmava di gratitudine al pensiero della Dama Bianca, più diventava arido nei confronti della moglie e dei suoi figli. Le rare volte in cui era a casa era immusonito, silenzioso, nervoso. Pensava solo a quando finalmente sarebbe potuto tornare sulla montagna, contando le ore che lo separavano dal sorgere del sole per poter riprendere la sua ricerca.

La moglie non obiettava mai, e per il bene dei loro figli si rassegnava a quel suo scontroso modo di fare, sperando che presto o tardi si sarebbe ripreso e che sarebbero tornati felici come un tempo.

E poi, un dì, accadde il peggio. Mentre la madre lavorava nell’orto il bimbo più piccolo osservò la montagna, su cui sapeva che si avventurava spesso il suo papà, e decise di andarlo a cercare.

Appena la madre ebbe raccolto tutte le verdure, posò il cestino, si deterse la fronte e chiese al figlio maggiore: «Dov’è tuo fratello?»

Il bambino, che stava leggendo un libro seduto su un grosso sasso, le indicò la montagna. «L’ho visto andare da quella parte…»

Non bastarono le ricerche disperate, i richiami ripetuti, l’aiuto dei vicini. Il bimbo non si trovò. Calò la notte e quando tornò a casa anche lo scalatore, la moglie in lacrime gli raccontò quanto era successo.

L’uomo era stanco, dopo aver vagato per i monti durante tutta la giornata, ma senza accennare una parola preparò una torcia e riprese il cammino per la montagna.

A tratti si fermava a gridare il nome del figlio minore, e nel frattempo si rimproverava tra sé: “Stupido che sono stato! Alla ricerca della Dama Bianca tutto il giorno, e intanto ho abbandonato a loro stessi mia moglie e i miei bambini. Se gli accadrà qualcosa, a questo mio piccolo, non me lo perdonerò mai. Mai!”

Ragionando in tal guisa, continuò a vagare per la montagna, chiamando ripetutamente suo figlio. Allorquando la torcia si fu quasi consumata, ne preparò un’altra con un ramo secco e resina di pino e andò avanti così per ore ed ore. A volte si fermava, sentendo ululare i lupi in lontananza.

Alla fine, esausto, si lasciò cadere ai piedi di un maestoso abete, si accasciò con la testa sulle ginocchia e iniziò a piangere.

Quando fra le lacrime intravide una luce, ipotizzò che fosse l’alba. Ma la luce si avvicinava e, nell’istante in cui sollevò gli occhi grondanti di lacrime, vide che la luce proveniva dalla sagoma della Dama Bianca. Accanto a lei, la figura di suo figlio, che teneva tra le braccia un piccolo animale, forse uno scoiattolo.

«Dama Bianca…» riuscì a mormorare l’uomo, piangendo ancora di più.

La voce che lo raggiunse era più dolce e soave della musica, ma le parole non lo erano altrettanto: «Sai bene di essere stato sconsiderato. Il tuo Amore per la montagna mi ha spinta a salvarti, quel giorno, ma l’Amore per la montagna deve comprendere tutte le creature che la abitano, dal più piccolo fiore, agli animali, agli Esseri Umani; tu invece sei diventato arido e ossessionato. Avrei voluto tenere con me questo bambino, per darti la lezione che meritavi, ma poi l’ho visto soccorrere questo scoiattolo ferito, ed ho deciso che forse potevo dare a te e alla tua famiglia un’altra possibilità. Ma bada bene: sarà una sola.» Detto ciò la figura luminosa si dissolse, lasciando il padre e il figlio ad abbracciarsi tra le lacrime.

Lo scalatore prese in braccio il suo bambino, il quale a sua volta insisteva a tenere in braccio lo scoiattolo ferito, e si avviò sul sentiero di casa.

Da quel giorno, lo scalatore e la sua famiglia ripresero pian piano ad amarsi come prima, e come prima ad includere nel loro Amore le montagne e tutte le creature che le abitavano.

Il bimbo raccontò a tutti di essere stato salvato dalla Dama Bianca, ma poiché era un bambino chiunque pensò sorridendo che fosse una semplice fantasia, la sua, dovuta alle leggende e alle fiabe che aveva sentito narrare di sera.

Quanto allo scalatore, di tanto in tanto si faceva pensoso, contemplando i monti. Ma non cercò più la Dama Bianca, ricordandosi invece di amare la montagna e tutte le creature che la abitavano, dal più piccolo fiore agli Esseri Umani.


© Christine Kaminski | Vietata la riproduzione senza consenso scritto

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