IL MOSTRO E LA PRINCIPESSA di Simona De Paulis

Nel Regno dei Fiori, vivevano un Principe ed una Principessa. La coppia di sposi non era ancora salita a capo del Regno, in quanto il Re era ancora in buona salute, tanto quanto la Regina.

Innamorati sin da quando erano dei bambini, non avevano atteso tempo. Appena raggiunta l’età da marito, il Principe aveva subito chiesto la mano della Principessa e l’aveva portata con sé, nel suo Regno.

Ma, come succede in ogni fiabesco Regno, ci sono anche Streghe maligne e terribili creature notturne. In questa fiaba fortunatamente non c’era nessuna Strega, e le creature malvagie erano confinate al di là del fiume, il quale delimitava tutta questa valle fiorita.

Il bello di questo Regno, come forse s’è capito, è che era riboccante di fiori, vi crescevano le qualità più rare e meravigliose, dai colori più splendenti, tanto da diventare famoso in ciascuna parte del Paese.

La Principessa, che era amante dei fiori, quasi quanto del Principe, viveva in uno stato di profonda estasi. Vita migliore non avrebbe potuto avere, tanta beatitudine neanche nei sogni.

Era lei, infatti, che si occupava delle decorazioni del castello, aveva chiesto personalmente al Principe di potersene occupare, sottolineandogli che non lo considerava affatto un mestiere bensì una fervida passione, e che l’avrebbe resa immensamente felice se egli gliel’avesse accordato.

Il Principe, che stravedeva per la Principessa, a dir poco, e non le avrebbe negato alcunché, era interceduto per lei dinanzi al Re suo padre che, ovviamente, era colui a porre veto su tale richiesta, se ne fosse valso il buon nome del Regno. Che, se fosse corsa voce che la Principessa lavorava alla stregua della servitù, i Regni confinanti non lo avrebbero preso di buon occhio, svalutandone nel contempo la reputazione e l’onore.

Purtroppo, come previsto, seppur a malincuore il Re non poté ottemperare alla sua richiesta. Non per decisione sua, bensì per decisione unanime dei consiglieri di Corte, fidatissimi, che sapevano cosa fosse di meglio per la Corona.

Comprensibilmente, la Principessa ne restò molto delusa, a tal punto che escogitò un trucco. Troppo era l’Amore per i fiori, perché se poteva liberamente passeggiare con le sue damigelle nel vasto atrium del castello, di più non poteva fare, non le era concesso di varcare le mura che circondavano altissime il castello reale. Questo per la sua sicurezza, giacché, come sopradetto, al di là delle mura assai vicino era il fiume, ed assai vicini i pericoli.

“Chi mai potrebbe nuocermi?” aveva pensato la Principessa. Il Re era un Re esemplare, e da quanto ne sapeva egli non aveva nemici lì all’intorno. Ma non aveva fatto i conti con le fameliche creature che abitavano in prossimità del fiume.


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S’è detto quindi, che era la Principessa ad occuparsi degli ornamenti floreali del castello, e non per benestare del Re, tutt’altro, in quanto lo fece a sua insaputa, in verità ad insaputa di tutta la Corte.

E come fece? Semplice. Si travestì da ancella. Facendo molta attenzione, logicamente, a non farsi notare dal Principe e dalla famiglia reale, i quali l’avrebbero certamente riconosciuta.

Per un po’ andò bene, e la Principessa era così piena di vita che il marito per poco non la riconosceva, non comprendeva, però questo piccolo sotterfugio le aveva reso un grandissimo beneficio.

Ciò nonostante, se a Corte nessuno se ne accorse, fatta eccezione per l’ancella più prossima alla Principessa che le prestava gli abiti e la copriva con i Reali, qualcun altro ci andò a nozze. E qualcuno di davvero poco raccomandabile.

Sì, perché il fatto che la Principessa vagasse da sola, senza scorta reale, per i prati della valle, era fin troppo allettante per chi, invece, non amava affatto essere esiliato dal Regno, in una condizione di quasi prigionia fuori dalle mura.

Com’era riuscito il Re ad esiliare queste inique creature fu tutto merito dei fiori, sì, dei fiori… perché questi fiori erano magici, facevano da schermo e da scudo ed avevano proprietà repellenti, nonché velenosi al tocco di qualunque essere che avesse avuto un minimo di malvagità in corpo e nell’anima.

Come il Regno dei Fiori aveva il suo Re, anche le creature malvagie che dimoravano al di là del fiume avevano un loro capo, un capo che aveva covato tanto di quell’odio negli anni, da diventare veramente pericoloso, qualora avesse avuto occasione di vendicarsi. Ed infatti la trovò. Rapì la Principessa e ricattò il Re.

Il panico fu dei peggiori. Perché, allorquando il Re seppe del ricatto si trovò in una situazione a dir meno orribile. Distruggere i fiori, tutti, era questa la pretesa del mostro, oppure distruggere il figlio sacrificando la Principessa per il bene del Regno e di tutti i suoi abitanti.

Sicché, per togliere questo abnorme gravame dalle spalle del Re, il Principe riunì il suo esercito ed attraversò il ponte che sovrastava il fiume.

Lo scenario non era tuttavia incoraggiante, perché, subito dopo le sponde appariva un bosco buio e tetro, perfino sotto la luce del giorno, dal quale provenivano in lontananza rumori tipici d’una palude, e sappiamo che nelle paludi brulicano serpenti e rettili di qualsiasi genere, molti dei quali letali.

Ma non v’era scelta. Il Principe avrebbe dato la vita per la sua Principessa e non esitò un secondo, al contrario dei suoi soldati che tentennarono parecchio prima di addentrarsi nel bosco, giacché combattere contro uomini armati o semplici animali, era una bazzecola in confronto al fronteggiare esseri malvagi e per di più magici, dunque con poteri superiori ai loro.

© Christine Kaminski | Vietata la riproduzione senza consenso scritto

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