LA SOFFERENZA NON UCCIDE, LA PAURA NON FA VIVERE, Cap. 3

«Maledetto damerino, ma come diamine si permette, chi si crede di essere!» sbraitò Leilah, inferocita, mentre s’infilava freneticamente i suoi jeans per tornarsene a casa. «Che cosa crede, che cadano tutte ai suoi piedi come stupide pere mature!»

Raccolse tutte le sue cose, ficcandole alla rinfusa nello zaino che in seguito si sistemò nervosamente su una spalla, e s’incamminò impettita per raggiungere l’uscita di sicurezza.

E appena si ritrovò in strada sbuffò, ma d’altro canto come aveva eseguito nell’ultima mezz’ora, ininterrottamente, dal momento in cui aveva piantato quell’insolente in mezzo alla pista, quel volgare maschio misogino travestito da perfetto gentleman.

«Ma tu guarda un po’ che storiaccia, giusto a me doveva capitare…» sfrigolò, agitando a ripetizione, furiosa il capo, furiosa più di tutto con se stessa per avergli permesso così agevolmente di baciarla, o peggio, di aver lautamente corrisposto quel dannatissimo bacio.

Era inconcepibile, imperdonabile, non lo aveva mai permesso a nessuno sconosciuto, in realtà neppure a uomini che conosceva. Quindi perché proprio a lui, lui che fino ad un’ora prima aveva inoppugnabilmente deciso di tenere alla larga?

Ma alla fine aveva mentito a se stessa, in toto, quell’uomo l’aveva impressionata, e non poco. Sin dal primo incontro l’aveva incantata con quel suo stramaledettissimo sorriso, per cui senza esserne cosciente gli aveva inviato lampanti messaggi di passare all’azione, e di non perdere neanche tanto tempo.

Lei era stata fin troppo invitante nei suoi sguardi e negli atteggiamenti, nel suo fare invogliante, ora se ne rendeva conto. E quella vecchia volpe li aveva golosamente ricevuti in pieno, valutato il soggetto che aveva l’aria di saperla molto lunga in fatto di tecniche di seduzione, in fatto di donne.

O forse la sua era truculenta delusione, già, perché da quegli occhi aveva in antecedenza letto qualcosa di differente, motivo per cui aveva ipotizzato che lui non fosse come tutti i mediocri maschi avventurieri che, durante il suo cammino esistenziale, aveva avuto la malaugurata sorte d’incontrare.

Era stato di un così veloce nel saltarle impudentemente indosso, davvero poco nobile, quando invece lei lo aveva presunto un gentiluomo che sapesse finemente corteggiare una donna, riservandole l’integrale libertà di manifestare la propria condiscendenza. Anzi, lo vedeva persino capace di indurre lei a pregarlo, si fa per dire, di baciarla, un tipo che sapesse giocare ed intrigare, ma con eleganza, con galante riguardo, elementi di cui purtroppo costui non s’era avvalso.

E si bloccò. Ma che accidenti le frullava in testa, che balordaggini erano mai queste… quell’uomo non avrebbe mai desiderato, né potuto corteggiarla, da lì a poco si sarebbe sposato ed era dunque logico che avesse affrettato i tempi per rimorchiarla, senza perdersi in superflui volteggi. Non aveva bisogno di conoscerla, essendo in sostanza l’avventura di una notte, e se il suo obiettivo fosse stato di conquistarla, o piuttosto, di portarla dritto nella sua alcova, era poi normale che la volpe passasse tempestivamente all’azione.


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Dopotutto quello di stasera era il suo addio al celibato, una notte prevista di fuoco e di ultime avventure, pertanto era più che naturale che quel tale agisse con una similare rapidità, anche se sostanzialmente ciò non cambiava le cose, nemmeno di una virgola, non per quel che concerneva il suo punto di vista, la sua moralità, o meglio, la moralità in generale. Perché aveva scelto una cristiana come lei, insomma, non avrebbe fatto prima ad affittare una prostituta che saltava fuori da una torta?

E poi lei, l’ultima donna in circolazione con cui quel cascamorto avrebbe dovuto azzardarsi, era questo che la faceva incontenibilmente imbestialire, che avesse mirato lei in mezzo al mazzo, lei che per giunta non autorizzava nessuno ad avvicinarsi in quel senso. Quei pochi che ci erano riusciti senza il suo esplicito consenso l’avevano pagata cara, perfino con un bell’occhio nero.

E quel cicisbeo, che l’aveva nientemeno baciata, in modo del tutto arbitrario e irrispettoso, era stato graziato di un misero schiaffo, laddove lei avrebbe potuto benissimo interpellare la sicurezza per fargli imparare le buone maniere, magari farlo buttare fuori a calci, ed in seguito invitato a non presentare più le sue grazie in quel locale. E invece, ironia della sorte, danno dopo beffa, era stata lei ad essere cacciata.

Le avevano ornatamente ingiunto di raccogliere i suoi gingilli e di sparire all’istante, per via di quel comportamento aggressivo e villano nei confronti di un cliente. Per loro era un agire diffusamente contrastante con la loro pacifica politica di condurre gli affari, come se casomai si fosse verificata una rissa avrebbero essi risposto elargendo idealmente fiori e carezze ai fomentatori, anziché buttarli fuori a garanzia della doverosa quiete pubblica e civile, di un luogo nel quale ci si recava per divertirsi e null’altro.

Questa era rigorosamente da segnare, era inammissibile, inaudito, perché da che mondo era mondo nelle discoteche, ma dovunque in realtà, le cose non andavano di certo così. Lei aveva subìto un oltraggio, un abuso, e inoltre non era stata ricercatamente assunta per compiacere le brame dei beoni che si accanissero a gozzovigliare. Quello non era un night e lei era stata ingaggiata per ballare, puro e semplice.

«Ma chi sarà mai…» stornellò, sottovoce, meditando che con tutta probabilità quel tizio fosse un pezzo grosso. Infatti era bastato poco che il titolare di quella bettola imbellita e arrabattata, dopo aver saputo l’inghippo da uno dei suoi pettegoli lecchini, aveva fatto irruzione nel camerino per comunicarle con forbita ostilità che lei fosse fuori dai giochi.

E sbuffò per la milionesima volta, guardandosi intorno scoraggiata. Il luogo era deserto, neppure un’anima che le potesse piamente offrire supporto automobilistico per rientrare nella sua tana o, possibilmente, qualcuno che la sovvenisse nell’eventualità di un’aggressione da parte di qualche malvivente avvinazzato che avesse fortuitamente girovagato da quelle parti.

Era assai prevedibile data la scalogna che la braccava in quel periodo, giusto per farle concludere degnamente la serata, anche se, in buona franchezza, il primo che le fosse capitato sotto tiro, per l’ira barbarica che la stava depredando in quel frangente e che aveva ben smania di essere sfogata, lo avrebbe aggredito a morsi, semmai si fosse permesso di sfiorarle una sola ciocca di capelli.

© Christine Kaminski | Vietata la riproduzione senza consenso scritto

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